IL FRUTTO DELLO
SPIRITO
Da
molti pulpiti è stato ripetuto che frequentemente la cristianità ha curata la
ricerca de doni dello Spirito a danno dello sviluppo del frutto dello Spirito.
Non si può escludere che è stata affermata una verità valida almeno per certi
periodi e per certi luoghi; la mancanza di equilibrio e di armonia sono comuni
nella natura umana.
Pensiamo
però che questa verità non si riferisca alla attuale situazione del popolo di
Dio; oggi non si può parlare di abbondanza di doni spirituali e di immaturità
di vita cristiana perché l'assenza dello Spirito ha prodotto purtroppo la
deficienza di ambedue queste realtà. Non ci sono e non si manifestano i doni e
non c'è e non appare il frutto dello Spirito.
La
situazione quindi è più tragica di quella che può emergere da una mancanza di
equilibrio cristiano dove la vita e la potenza dello Spirito sono assecondate
in maniera disordinata e imperfetta, ma pure sono parzialmente assecondate.
Qui
invece l'opera dello Spirito è rifiutata, ostacolata e non può apparire in
nessuna specie di vita religiosa; mancano i doni, manca il frutto, c'è
l'assenza completa dei fenomeni spirituali perché c'è l'assenza dello Spirito.
Che
cos'è il «frutto» dello Spirito? Possiamo entrare nel soggetto rispondendo
subito a questa domanda: Il frutto dello Spirito é il risultato spontaneo della
potenza divina nella vita morale e spirituale del credente. Lo Spirito
riproduce se stesso mediante un fenomeno di biologia soprannaturale ed appare
attraverso la vita del credente, nelle sue caratteristiche o nei suoi attributi
morali.
Non
rientra nel soggetto di questo scritto studiare didatticamente questo fenomeno
spirituale e perciò non possiamo soffermarci a commentare esegeticamente i
passi biblici che si riferiscono all'argomento, ma non è superfluo ricordare
che il «frutto» dello Spirito nella «singolarità» della sua natura possiede una
«pluralità» di manifestazioni distinte; l'apostolo Paolo infatti così definisce
questa meravigliosa realtà spirituale: - Il frutto dello Spirito, invece, è
amore, allegrezza, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza,
temperanza.
Queste
molteplici e diverse realtà si trovano, così sembra, in un unico frutto e
perciò coesistono contemporaneamente nella vita di quel credente ove lo Spirito
ha la possibilità di maturare la manifestazione dei suoi attributi morali. I
«doni» nella loro pluralità, possono apparire nella vita del cristiano
separatamente ed indipendentemente l'uno dall'altro; un credente cioè, può
ricevere ed esercitare un dono senza necessariamente ricevere gli altri, ma non
può invece portare il «frutto» dello Spirito senza avere le diverse parti di
esso.
Nel
linguaggio spicciolo il «frutto» dello Spirito è stato assomigliato ad una
arancia che serra sotto una medesima buccia i diversi spicchi, cioè le varie,
distinte, ma integranti parti del frutto. Questa limpida esemplificazione ci
aiuta a comprendere la netta differenza che esiste fra i «doni» dello Spirito
ed il «frutto» dello Spirito nella vita del credente: i due fenomeni hanno
caratteristiche distinte e diverse negli effetti pratici della vita cristiana.
La
diversità degli effetti non esclude però l'unicità della causa e possiamo
perciò ritornare nel vivo del nostro soggetto. ribadendo quanto affermato e
cioè che il « frutto » dello Spirito, come i «doni» dello Spirito, rappresenta
il risultato naturale della reale e dinamica presenza dello Spirito nella vita
del credente. Quando lo Spirito è presente, ed è libero di svolgere la sua
azione divina, i doni, il frutto, le operazioni ed i ministeri si manifestano
come conseguenza automatica, ma quando lo Spirito é assente od è contrariato e
contristato, non soltanto i doni mancano, ma con i doni mancano tutti gli altri
fenomeni spirituali incluso quello del «frutto», cioè della vita morale del
cristiano.
Crediamo
di aver esaurientemente chiarita la premessa per poter andare avanti
nell'argomento: - La vita morale del popolo di Dio può essere pienamente
realizzata soltanto per la presenza e per la potenza dello Spirito. In altre
parole, soltanto il «frutto» dello Spirito rappresenta la reale vita morale del
cristiano e qualsiasi altra «vita morale» fuori dello Spirito non è autentica
morale di fronte a Dio.
Oggi,
purtroppo, questa verità non è tenuta in grande considerazione e dal seno di
una cristianità separata dallo Spirito parte la ricerca per una morale
pseudo-cristiana. I predicatori proclamano l'eccellenza dell'amore,
dell'allegrezza, della pace, della longanimità e di ogni altra manifestazione
del «frutto» dello Spirito, ma non predicano la necessità di ricevere e far
operare lo Spirito.
Sembra
quasi che si voglia compiere il tentativo di riprodurre artificialmente e forse
anche separatamente le manifestazioni del frutto dello Spirito. I risultati
raggiunti fino a questo momento sono desolanti e l'amore, la pace o
l'allegrezza che oggi si trovano nelle chiese non costituiscono davvero un
incoraggiamento a proseguire il temerario esperimento.
L'amore
prodotto per un processo di fecondazione artificiale non assomiglia neanche
debolmente all'amore che esiste nel «frutto» dello Spirito, e l'allegrezza o la
temperanza conseguenti all'opera d'un ministero estraneo allo Spirito non hanno
nulla in comune con le medesime virtù che si trovano entro quel glorioso frutto
che viene prodotto dallo Spirito.
Ma
sembra, purtroppo, che anche sul piano morale le chiese cristiane siano
soddisfatte; l'etica che insegnano e vivono, arida, fredda, improduttiva
rappresenta un manto capace di coprire, da un punto di vista esclusivamente
sociale, l'impudicizia dell'immorale natura animale, e le chiese ne sono
soddisfatte, obliando che quel manto non può e non potrà mai coprire le immonde
nudità che appaiono agli occhi di Dio. Soltanto una vita realmente spirituale
può generare quel «frutto» che contiene in se stesso tutte le caratteristiche
di una vita morale conforme alla natura e quindi ai desideri di Dio.
La
vita spirituale invece é assente; è assente nell'amore, é assente nella pace, è
assente nella longanimità, é assente nell'allegrezza; è assente insomma in ogni
particolare della vita morale della chiesa e quindi nella chiesa esistono
amore, pace od allegrezza, ma esistono soltanto come ignobili falsificazioni di
queste virtù soprannaturali. Gli attributi di Dio dovrebbero essere gli
attributi dei figli di Dio; essi dovrebbero possedere e manifestare la pace
«di» Dio, l'amore «di» Dio, la pazienza «di» Dio, invece essi posseggono pace,
amore, pazienza, ma questo patrimonio non é il patrimonio «di» Dio perché non è
prodotto dalla potenza soprannaturale dello Spirito Santo.
Anche
qui la chiesa ha pagato e paga il suo tributo al mondo perché é proprio il mondo
che esige che sia posta in circolazione la valuta della terra al posto della
valuta del cielo. I credenti chiedono infatti che ci sia esuberanza d'amore, ma
quale amore vogliono?
Ieri,
quando la chiesa era fedele, era spirituale; i credenti chiedevano l'amore che
«Dio spande nei cuori per lo Spirito Santo», ma oggi che la chiesa paga
fedelmente il proprio tributo al mondo, i credenti chiedono l'amore che nasce
dalla natura umana L'amore contenuto nel «frutto» dello Spirito é
sostanzialmente diverso dall'amore umano, ma un popolo che ha smarrito lo
Spirito non sa comprendere questa differenza e istintivamente si sente attirato
verso gli elementi terreni.
Non
meravigliamoci dunque se gli assertori dell'amore dimostrano di ignorare
totalmente la conoscenza del vero amore. L'amore del quale essi parlano,
l'amore che difendono energicamente, non possiede in se stesso, nessun elemento
spirituale perché non nasce dallo Spirito; è un sentimento umano che persegue
scopi umani, sociali, contingenti.
Se
vogliamo dare una definizione a questa specie di amore possiamo dire che è
«quel saper stare assieme nella gioia», quel «saper indulgere opportuno e
calcolato », quel «saper dividere egoisticamente i piaceri».
Sono
espressioni che si riferiscono anche a circostanze particolari della vita
religiosa e perciò che illustrano le caratteristiche dell'amore oggi invocato
nelle chiese.
L'amore
spirituale invece è quell'eroico sentimento che persegue il bene eterno
dell'umanità; é un sentimento pieno di luce, di verità, di giustizia. Nella
manifestazione pratica l'amore vero può essere dolce e può essere severo, può
essere indulgente e può essere energico, ma non é mai calcolatore,
opportunista, ipocrita.
Soltanto
lo Spirito può generare questo amore e può alimentare questo amore; quando lo
Spirito non c'é, questo amore non può apparire. Infatti quest’amore oggi non
appare od appare raramente anche perché, come é stato detto, i credenti si
sentono più attirati dalle paroline melliflue, dalle strette di mano ipocrite e
formali, dalle espansività teatrali e bugiarde.
Ma
non é soltanto l'amore che manca perché se lo Spirito é assente, sono anche
assenti tutte le altre caratteristiche del «frutto» dello Spirito; é assente
cioé l'intera vita morale della chiesa intesa nel senso cristiano della parola.
I credenti hanno un abito religioso una divisa morale, ma quell'abito é stato
cucito senza la presenza e la guida di Dio.
Non
ci stancheremo mai di sottolineare che anche le caratteristiche della vita
morale, cioè le manifestazioni del « frutto » dello Spirito, sono, come i doni
dello Spirito, espressioni di soprannaturalità. Il «frutto» dello Spirito é, in
altre parole, il miracolo morale nella vita dell'uomo e l'uomo che realizza
questo miracolo vive una morale soprannaturale, una morale divina.
Si
deve vedere chiaramente che la pazienza é pazienza soprannaturale e che
l'allegrezza é allegrezza soprannaturale e che ogni dettaglio della vita morale
è raggiunto per la presenza e la potenza dello Spirito di Dio. Il credente,
cioè il figlio di Dio, deve vivere su un piano soprannaturale, sia
nell'esercizio del ministero cristiano e sia nell'azione della sua vita morale.
Mancano
i doni manca il «frutto» perché manca lo Spirito. Le sostituzioni sono palesi
un ogni campo e se i doni vengono suppliti con il tecnicismo, il frutto viene
surrogato con l'educazione religiosa, ma gli uni e l'altro ci offrono soltanto
la dimostrazione dell'aridità spirituale del popolo di Dio.
Quando
lo Spirito sarà sparso di nuovo sopra ogni carne, quando si udrà ancora una
volta il suono del vento impetuoso, quando riappariranno le lingue di fuoco,
quando gli uomini, convinti dallo Spirito, nasceranno di nuovo d'acqua e di
Spirito, quando i figli di Dio saranno ancora condotti dallo Spirito di Dio,
quando la chiesa sarà guidata potentemente in ogni verità dal Consolatore e
soltanto dal Consolatore, allora il deserto tornerà ad essere un Carmel, e il
Carmel fiorirà e fruttificherà, ed il suo frutto sarà il «frutto» dello
Spirito.
I
cristiani torneranno a vivere la vita stessa di Dio e quella vita apparirà in
loro per la potenza dello Spirito e l'amore sarà l'amore che offre fino al
sacrificio supremo, ma che non tradisce mai la verità; l'allegrezza sarà
l'allegrezza pura che si alimenta nella speranza cristiana; e la pace sarà la
pace profonda ed inviolabile fondata sulla fiducia in Dio; la longanimità sarà
la benevolenza illuminata, equilibrata dalla giustizia divina; la benignità
sarà la generosità fraterna ispirata dall'esempio di Cristo; la bontà sarà la
premura generosa potenziata dalla grazia celeste, la fedeltà sarà la costanza
virile che si compone in Dio; la dolcezza sarà soavità di parole e di gesti
senza falsi infingimenti; e la temperanza, alfine, sarà la concretizzazione del
più perfetto equilibrio morale alla luce di una fonte di potenza spirituale.
Vita
cristiana, vita raggiunta fuori del naturale e che non rappresenta perciò
l'utilizzazione od il perfezionamento di elementi naturali, ma che appare, in
maniera inequivocabile, come il risultato dell'azione divina e soprannaturale
dello Spirito Santo.
Non
dimentichiamoci che la verità centrale nell'opera della grazia è costituita
dalla «nuova nascita» e cioè da quella rigenerazione che si compie per la
potenza dell'acqua e dello «Spirito». Questa verità stabilisce che soltanto le
opere compiute dalla «nuova creatura» sono accettevoli davanti a Dio; queste
opere sono le opere dello Spirito, possiamo ben dire il «frutto» dello Spirito.
Con
troppa facilità ci lasciamo ingannare dagli elementi che dovremmo invece saper valutare
e discernere; un «buon» carattere umano, una elevata educazione sociale, una
ottima morale ecclesiastica sono per noi soddisfacenti sostituzioni del frutto
dello Spirito. Siamo pronti ad elogiare ed anche ad insignire di titoli e
privilegi quei membri di chiesa o quei «bravi giovani» che manifestano una
educazione raffinata o un carattere piacevole anche senza avere il più piccolo
segno di una nuova nascita.
Non
ogni frutto é il frutto dello Spirito, non ogni morale è la vera morale
cristiana, ma noi siamo divenuti estremamente indulgenti e ci accontentiamo di
qualsiasi frutto e di qualsiasi morale. Ma non in ogni frutto e, non in ogni
morale c'è Cristo e noi viviamo Cristo e manifestiamo la santità celeste di
Cristo non quando possediamo un'educazione squisita o quando esercitiamo una
qualsiasi morale ecclesiastica, ma quando maturiamo in noi e manifestiamo
attraverso noi il frutto dello Spirito.
Nella
nostra vita, ripetiamo, deve apparire non qualsiasi specie d'amore, ma l'amore
che viene dallo Spirito; non qualsiasi genere d'allegrezza, ma l'allegrezza
dello Spirito; devono insomma manifestarsi gli effetti divini di una causa
divina e questi effetti devono essere una dimostrazione di potenza
soprannaturale almeno analoga a quella dei più evidenti e gloriosi miracoli
operati dallo Spirito.
R. Bracco.
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