venerdì 11 novembre 2011


IL FRUTTO DELLO SPIRITO
Da molti pulpiti è stato ripetuto che frequentemente la cristianità ha curata la ricerca de doni dello Spirito a danno dello sviluppo del frutto dello Spirito. Non si può escludere che è stata affermata una verità valida almeno per certi periodi e per certi luoghi; la mancanza di equilibrio e di armonia sono comuni nella natura umana.
Pensiamo però che questa verità non si riferisca alla attuale situazione del popolo di Dio; oggi non si può parlare di abbondanza di doni spirituali e di immaturità di vita cristiana perché l'assenza dello Spirito ha prodotto purtroppo la deficienza di ambedue queste realtà. Non ci sono e non si manifestano i doni e non c'è e non appare il frutto dello Spirito.
La situazione quindi è più tragica di quella che può emergere da una mancanza di equilibrio cristiano dove la vita e la potenza dello Spirito sono assecondate in maniera disordinata e imperfetta, ma pure sono parzialmente assecondate.
Qui invece l'opera dello Spirito è rifiutata, ostacolata e non può apparire in nessuna specie di vita religiosa; mancano i doni, manca il frutto, c'è l'assenza completa dei fenomeni spirituali perché c'è l'assenza dello Spirito.
Che cos'è il «frutto» dello Spirito? Possiamo entrare nel soggetto rispondendo subito a questa domanda: Il frutto dello Spirito é il risultato spontaneo della potenza divina nella vita morale e spirituale del credente. Lo Spirito riproduce se stesso mediante un fenomeno di biologia soprannaturale ed appare attraverso la vita del credente, nelle sue caratteristiche o nei suoi attributi morali.
Non rientra nel soggetto di questo scritto studiare didatticamente questo fenomeno spirituale e perciò non possiamo soffermarci a commentare esegeticamente i passi biblici che si riferiscono all'argomento, ma non è superfluo ricordare che il «frutto» dello Spirito nella «singolarità» della sua natura possiede una «pluralità» di manifestazioni distinte; l'apostolo Paolo infatti così definisce questa meravigliosa realtà spirituale: - Il frutto dello Spirito, invece, è amore, allegrezza, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza.
Queste molteplici e diverse realtà si trovano, così sembra, in un unico frutto e perciò coesistono contemporaneamente nella vita di quel credente ove lo Spirito ha la possibilità di maturare la manifestazione dei suoi attributi morali. I «doni» nella loro pluralità, possono apparire nella vita del cristiano separatamente ed indipendentemente l'uno dall'altro; un credente cioè, può ricevere ed esercitare un dono senza necessariamente ricevere gli altri, ma non può invece portare il «frutto» dello Spirito senza avere le diverse parti di esso.
Nel linguaggio spicciolo il «frutto» dello Spirito è stato assomigliato ad una arancia che serra sotto una medesima buccia i diversi spicchi, cioè le varie, distinte, ma integranti parti del frutto. Questa limpida esemplificazione ci aiuta a comprendere la netta differenza che esiste fra i «doni» dello Spirito ed il «frutto» dello Spirito nella vita del credente: i due fenomeni hanno caratteristiche distinte e diverse negli effetti pratici della vita cristiana.
La diversità degli effetti non esclude però l'unicità della causa e possiamo perciò ritornare nel vivo del nostro soggetto. ribadendo quanto affermato e cioè che il « frutto » dello Spirito, come i «doni» dello Spirito, rappresenta il risultato naturale della reale e dinamica presenza dello Spirito nella vita del credente. Quando lo Spirito è presente, ed è libero di svolgere la sua azione divina, i doni, il frutto, le operazioni ed i ministeri si manifestano come conseguenza automatica, ma quando lo Spirito é assente od è contrariato e contristato, non soltanto i doni mancano, ma con i doni mancano tutti gli altri fenomeni spirituali incluso quello del «frutto», cioè della vita morale del cristiano.
Crediamo di aver esaurientemente chiarita la premessa per poter andare avanti nell'argomento: - La vita morale del popolo di Dio può essere pienamente realizzata soltanto per la presenza e per la potenza dello Spirito. In altre parole, soltanto il «frutto» dello Spirito rappresenta la reale vita morale del cristiano e qualsiasi altra «vita morale» fuori dello Spirito non è autentica morale di fronte a Dio.
Oggi, purtroppo, questa verità non è tenuta in grande considerazione e dal seno di una cristianità separata dallo Spirito parte la ricerca per una morale pseudo-cristiana. I predicatori proclamano l'eccellenza dell'amore, dell'allegrezza, della pace, della longanimità e di ogni altra manifestazione del «frutto» dello Spirito, ma non predicano la necessità di ricevere e far operare lo Spirito.
Sembra quasi che si voglia compiere il tentativo di riprodurre artificialmente e forse anche separatamente le manifestazioni del frutto dello Spirito. I risultati raggiunti fino a questo momento sono desolanti e l'amore, la pace o l'allegrezza che oggi si trovano nelle chiese non costituiscono davvero un incoraggiamento a proseguire il temerario esperimento.
L'amore prodotto per un processo di fecondazione artificiale non assomiglia neanche debolmente all'amore che esiste nel «frutto» dello Spirito, e l'allegrezza o la temperanza conseguenti all'opera d'un ministero estraneo allo Spirito non hanno nulla in comune con le medesime virtù che si trovano entro quel glorioso frutto che viene prodotto dallo Spirito.
Ma sembra, purtroppo, che anche sul piano morale le chiese cristiane siano soddisfatte; l'etica che insegnano e vivono, arida, fredda, improduttiva rappresenta un manto capace di coprire, da un punto di vista esclusivamente sociale, l'impudicizia dell'immorale natura animale, e le chiese ne sono soddisfatte, obliando che quel manto non può e non potrà mai coprire le immonde nudità che appaiono agli occhi di Dio. Soltanto una vita realmente spirituale può generare quel «frutto» che contiene in se stesso tutte le caratteristiche di una vita morale conforme alla natura e quindi ai desideri di Dio.
La vita spirituale invece é assente; è assente nell'amore, é assente nella pace, è assente nella longanimità, é assente nell'allegrezza; è assente insomma in ogni particolare della vita morale della chiesa e quindi nella chiesa esistono amore, pace od allegrezza, ma esistono soltanto come ignobili falsificazioni di queste virtù soprannaturali. Gli attributi di Dio dovrebbero essere gli attributi dei figli di Dio; essi dovrebbero possedere e manifestare la pace «di» Dio, l'amore «di» Dio, la pazienza «di» Dio, invece essi posseggono pace, amore, pazienza, ma questo patrimonio non é il patrimonio «di» Dio perché non è prodotto dalla potenza soprannaturale dello Spirito Santo.
Anche qui la chiesa ha pagato e paga il suo tributo al mondo perché é proprio il mondo che esige che sia posta in circolazione la valuta della terra al posto della valuta del cielo. I credenti chiedono infatti che ci sia esuberanza d'amore, ma quale amore vogliono?
Ieri, quando la chiesa era fedele, era spirituale; i credenti chiedevano l'amore che «Dio spande nei cuori per lo Spirito Santo», ma oggi che la chiesa paga fedelmente il proprio tributo al mondo, i credenti chiedono l'amore che nasce dalla natura umana L'amore contenuto nel «frutto» dello Spirito é sostanzialmente diverso dall'amore umano, ma un popolo che ha smarrito lo Spirito non sa comprendere questa differenza e istintivamente si sente attirato verso gli elementi terreni.
Non meravigliamoci dunque se gli assertori dell'amore dimostrano di ignorare totalmente la conoscenza del vero amore. L'amore del quale essi parlano, l'amore che difendono energicamente, non possiede in se stesso, nessun elemento spirituale perché non nasce dallo Spirito; è un sentimento umano che persegue scopi umani, sociali, contingenti.
Se vogliamo dare una definizione a questa specie di amore possiamo dire che è «quel saper stare assieme nella gioia», quel «saper indulgere opportuno e calcolato », quel «saper dividere egoisticamente i piaceri».
Sono espressioni che si riferiscono anche a circostanze particolari della vita religiosa e perciò che illustrano le caratteristiche dell'amore oggi invocato nelle chiese.
L'amore spirituale invece è quell'eroico sentimento che persegue il bene eterno dell'umanità; é un sentimento pieno di luce, di verità, di giustizia. Nella manifestazione pratica l'amore vero può essere dolce e può essere severo, può essere indulgente e può essere energico, ma non é mai calcolatore, opportunista, ipocrita.
Soltanto lo Spirito può generare questo amore e può alimentare questo amore; quando lo Spirito non c'é, questo amore non può apparire. Infatti quest’amore oggi non appare od appare raramente anche perché, come é stato detto, i credenti si sentono più attirati dalle paroline melliflue, dalle strette di mano ipocrite e formali, dalle espansività teatrali e bugiarde.
Ma non é soltanto l'amore che manca perché se lo Spirito é assente, sono anche assenti tutte le altre caratteristiche del «frutto» dello Spirito; é assente cioé l'intera vita morale della chiesa intesa nel senso cristiano della parola. I credenti hanno un abito religioso una divisa morale, ma quell'abito é stato cucito senza la presenza e la guida di Dio.
Non ci stancheremo mai di sottolineare che anche le caratteristiche della vita morale, cioè le manifestazioni del « frutto » dello Spirito, sono, come i doni dello Spirito, espressioni di soprannaturalità. Il «frutto» dello Spirito é, in altre parole, il miracolo morale nella vita dell'uomo e l'uomo che realizza questo miracolo vive una morale soprannaturale, una morale divina.
Si deve vedere chiaramente che la pazienza é pazienza soprannaturale e che l'allegrezza é allegrezza soprannaturale e che ogni dettaglio della vita morale è raggiunto per la presenza e la potenza dello Spirito di Dio. Il credente, cioè il figlio di Dio, deve vivere su un piano soprannaturale, sia nell'esercizio del ministero cristiano e sia nell'azione della sua vita morale.
Mancano i doni manca il «frutto» perché manca lo Spirito. Le sostituzioni sono palesi un ogni campo e se i doni vengono suppliti con il tecnicismo, il frutto viene surrogato con l'educazione religiosa, ma gli uni e l'altro ci offrono soltanto la dimostrazione dell'aridità spirituale del popolo di Dio.
Quando lo Spirito sarà sparso di nuovo sopra ogni carne, quando si udrà ancora una volta il suono del vento impetuoso, quando riappariranno le lingue di fuoco, quando gli uomini, convinti dallo Spirito, nasceranno di nuovo d'acqua e di Spirito, quando i figli di Dio saranno ancora condotti dallo Spirito di Dio, quando la chiesa sarà guidata potentemente in ogni verità dal Consolatore e soltanto dal Consolatore, allora il deserto tornerà ad essere un Carmel, e il Carmel fiorirà e fruttificherà, ed il suo frutto sarà il «frutto» dello Spirito.
I cristiani torneranno a vivere la vita stessa di Dio e quella vita apparirà in loro per la potenza dello Spirito e l'amore sarà l'amore che offre fino al sacrificio supremo, ma che non tradisce mai la verità; l'allegrezza sarà l'allegrezza pura che si alimenta nella speranza cristiana; e la pace sarà la pace profonda ed inviolabile fondata sulla fiducia in Dio; la longanimità sarà la benevolenza illuminata, equilibrata dalla giustizia divina; la benignità sarà la generosità fraterna ispirata dall'esempio di Cristo; la bontà sarà la premura generosa potenziata dalla grazia celeste, la fedeltà sarà la costanza virile che si compone in Dio; la dolcezza sarà soavità di parole e di gesti senza falsi infingimenti; e la temperanza, alfine, sarà la concretizzazione del più perfetto equilibrio morale alla luce di una fonte di potenza spirituale.
Vita cristiana, vita raggiunta fuori del naturale e che non rappresenta perciò l'utilizzazione od il perfezionamento di elementi naturali, ma che appare, in maniera inequivocabile, come il risultato dell'azione divina e soprannaturale dello Spirito Santo.
Non dimentichiamoci che la verità centrale nell'opera della grazia è costituita dalla «nuova nascita» e cioè da quella rigenerazione che si compie per la potenza dell'acqua e dello «Spirito». Questa verità stabilisce che soltanto le opere compiute dalla «nuova creatura» sono accettevoli davanti a Dio; queste opere sono le opere dello Spirito, possiamo ben dire il «frutto» dello Spirito.
Con troppa facilità ci lasciamo ingannare dagli elementi che dovremmo invece saper valutare e discernere; un «buon» carattere umano, una elevata educazione sociale, una ottima morale ecclesiastica sono per noi soddisfacenti sostituzioni del frutto dello Spirito. Siamo pronti ad elogiare ed anche ad insignire di titoli e privilegi quei membri di chiesa o quei «bravi giovani» che manifestano una educazione raffinata o un carattere piacevole anche senza avere il più piccolo segno di una nuova nascita.
Non ogni frutto é il frutto dello Spirito, non ogni morale è la vera morale cristiana, ma noi siamo divenuti estremamente indulgenti e ci accontentiamo di qualsiasi frutto e di qualsiasi morale. Ma non in ogni frutto e, non in ogni morale c'è Cristo e noi viviamo Cristo e manifestiamo la santità celeste di Cristo non quando possediamo un'educazione squisita o quando esercitiamo una qualsiasi morale ecclesiastica, ma quando maturiamo in noi e manifestiamo attraverso noi il frutto dello Spirito.
Nella nostra vita, ripetiamo, deve apparire non qualsiasi specie d'amore, ma l'amore che viene dallo Spirito; non qualsiasi genere d'allegrezza, ma l'allegrezza dello Spirito; devono insomma manifestarsi gli effetti divini di una causa divina e questi effetti devono essere una dimostrazione di potenza soprannaturale almeno analoga a quella dei più evidenti e gloriosi miracoli operati dallo Spirito.
R. Bracco.
(Dov'è Lo Spirito)


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