mercoledì 4 gennaio 2012

IL FRUTTO DELLO SPIRITO


IL FRUTTO DELLO SPIRITO
Da molti pulpiti è stato ripetuto che frequentemente la cristianità ha curata la
ricerca de doni dello Spirito a danno dello sviluppo del frutto dello Spirito. Non si può
escludere che è stata affermata una verità valida almeno per certi periodi e per certi
luoghi; la mancanza di equilibrio e di armonia sono comuni nella natura umana.
Pensiamo però che questa verità non si riferisca alla attuale situazione del popolo
di Dio; oggi non si può parlare di abbondanza di doni spirituali e di immaturità di vita
cristiana perché l'assenza dello Spirito ha prodotto purtroppo la deficienza di ambedue
queste realtà. Non ci sono e non si manifestano i doni e non c'è e non appare il frutto
dello Spirito.
La situazione quindi è più tragica di quella che può emergere da una mancanza di
equilibrio cristiano dove la vita e la potenza dello Spirito sono assecondate in maniera
disordinata e imperfetta, ma pure sono parzialmente assecondate.
Qui invece l'opera dello Spirito è rifiutata, ostacolata e non può apparire in
nessuna specie di vita religiosa; mancano i doni, manca il frutto, c'è l'assenza
completa dei fenomeni spirituali perché c'è l'assenza dello Spirito.
Che cos'è il «frutto» dello Spirito? Possiamo entrare nel soggetto rispondendo
subito a questa domanda: Il frutto dello Spirito é il risultato spontaneo della potenza
divina nella vita morale e spirituale del credente. Lo Spirito riproduce se stesso
mediante un fenomeno di biologia soprannaturale ed appare attraverso la vita del
credente, nelle sue caratteristiche o nei suoi attributi morali.
Non rientra nel soggetto di questo scritto studiare didatticamente questo
fenomeno spirituale e perciò non possiamo soffermarci a commentare esegeticamente
i passi biblici che si riferiscono all'argomento, ma non è superfluo ricordare che il
«frutto» dello Spirito nella «singolarità» della sua natura possiede una «pluralità» di
manifestazioni distinte; l'apostolo Paolo infatti così definisce questa meravigliosa
realtà spirituale: - Il frutto dello Spirito, invece, è amore, allegrezza, pace,
longanimità, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza.
Queste molteplici e diverse realtà si trovano, così sembra, in un unico frutto e
perciò coesistono contemporaneamente nella vita di quel credente ove lo Spirito ha la
possibilità di maturare la manifestazione dei suoi attributi morali. I «doni» nella loro
pluralità, possono apparire nella vita del cristiano separatamente ed
indipendentemente l'uno dall'altro; un credente cioè, può ricevere ed esercitare un
dono senza necessariamente ricevere gli altri, ma non può invece portare il «frutto»
dello Spirito senza avere le diverse parti di esso.
Nel linguaggio spicciolo il «frutto» dello Spirito è stato assomigliato ad una
arancia che serra sotto una medesima buccia i diversi spicchi, cioè le varie, distinte,
ma integranti parti del frutto. Questa limpida esemplificazione ci aiuta a comprendere
la netta differenza che esiste fra i «doni» dello Spirito ed il «frutto» dello Spirito nella
vita del credente: i due fenomeni hanno caratteristiche distinte e diverse negli effetti
pratici della vita cristiana.
La diversità degli effetti non esclude però l'unicità della causa e possiamo perciò
ritornare nel vivo del nostro soggetto. ribadendo quanto affermato e cioè che il «
frutto » dello Spirito, come i «doni» dello Spirito, rappresenta il risultato naturale della
reale e dinamica presenza dello Spirito nella vita del credente. Quando lo Spirito è
presente, ed è libero di svolgere la sua azione divina, i doni, il frutto, le operazioni ed i
ministeri si manifestano come conseguenza automatica, ma quando lo Spirito é
assente od è contrariato e contristato, non soltanto i doni mancano, ma con i doni
mancano tutti gli altri fenomeni spirituali incluso quello del «frutto», cioè della vita
morale del cristiano.
Crediamo di aver esaurientemente chiarita la premessa per poter andare avanti
nell'argomento: - La vita morale del popolo di Dio può essere pienamente realizzata

soltanto per la presenza e per la potenza dello Spirito. In altre parole, soltanto il
«frutto» dello Spirito rappresenta la reale vita morale del cristiano e qualsiasi altra
«vita morale» fuori dello Spirito non è autentica morale di fronte a Dio.
Oggi, purtroppo, questa verità non è tenuta in grande considerazione e dal seno
di una cristianità separata dallo Spirito parte la ricerca per una morale
pseudo-cristiana. I predicatori proclamano l'eccellenza dell'amore, dell'allegrezza,
della pace, della longanimità e di ogni altra manifestazione del «frutto» dello Spirito,
ma non predicano la necessità di ricevere e far operare lo Spirito.
Sembra quasi che si voglia compiere il tentativo di riprodurre artificialmente e
forse anche separatamente le manifestazioni del frutto dello Spirito. I risultati
raggiunti fino a questo momento sono desolanti e l'amore, la pace o l'allegrezza che
oggi si trovano nelle chiese non costituiscono davvero un incoraggiamento a
proseguire il temerario esperimento.
L'amore prodotto per un processo di fecondazione artificiale non assomiglia
neanche debolmente all'amore che esiste nel «frutto» dello Spirito, e l'allegrezza o la
temperanza conseguenti all'opera d'un ministero estraneo allo Spirito non hanno nulla
in comune con le medesime virtù che si trovano entro quel glorioso frutto che viene
prodotto dallo Spirito.
Ma sembra, purtroppo, che anche sul piano morale le chiese cristiane siano
soddisfatte; l'etica che insegnano e vivono, arida, fredda, improduttiva rappresenta un
manto capace di coprire, da un punto di vista esclusivamente sociale, l'impudicizia
dell'immorale natura animale, e le chiese ne sono soddisfatte, obliando che quel
manto non può e non potrà mai coprire le immonde nudità che appaiono agli occhi di
Dio. Soltanto una vita realmente spirituale può generare quel «frutto» che contiene in
se stesso tutte le caratteristiche di una vita morale conforme alla natura e quindi ai
desideri di Dio.
La vita spirituale invece é assente; è assente nell'amore, é assente nella pace, è
assente nella longanimità, é assente nell'allegrezza; è assente insomma in ogni
particolare della vita morale della chiesa e quindi nella chiesa esistono amore, pace od
allegrezza, ma esistono soltanto come ignobili falsificazioni di queste virtù
soprannaturali. Gli attributi di Dio dovrebbero essere gli attributi dei figli di Dio; essi
dovrebbero possedere e manifestare la pace «di» Dio, l'amore «di» Dio, la pazienza
«di» Dio, invece essi posseggono pace, amore, pazienza, ma questo patrimonio non é
il patrimonio «di» Dio perché non è prodotto dalla potenza soprannaturale dello Spirito
Santo.
Anche qui la chiesa ha pagato e paga il suo tributo al mondo perché é proprio il
mondo che esige che sia posta in circolazione la valuta della terra al posto della valuta
del cielo. I credenti chiedono infatti che ci sia esuberanza d'amore, ma quale amore
vogliono?
Ieri, quando la chiesa era fedele, era spirituale; i credenti chiedevano l'amore che
«Dio spande nei cuori per lo Spirito Santo», ma oggi che la chiesa paga fedelmente il
proprio tributo al mondo, i credenti chiedono l'amore che nasce dalla natura umana
L'amore contenuto nel «frutto» dello Spirito é sostanzialmente diverso dall'amore
umano, ma un popolo che ha smarrito lo Spirito non sa comprendere questa
differenza e istintivamente si sente attirato verso gli elementi terreni.
Non meravigliamoci dunque se gli assertori dell'amore dimostrano di ignorare
totalmente la conoscenza del vero amore. L'amore del quale essi parlano, l'amore che
difendono energicamente, non possiede in se stesso, nessun elemento spirituale
perché non nasce dallo Spirito; è un sentimento umano che persegue scopi umani,
sociali, contingenti.
Se vogliamo dare una definizione a questa specie di amore possiamo dire che è
«quel saper stare assieme nella gioia», quel «saper indulgere opportuno e calcolato »,
quel «saper dividere egoisticamente i piaceri».

Sono espressioni che si riferiscono anche a circostanze particolari della vita
religiosa e perciò che illustrano le caratteristiche dell'amore oggi invocato nelle chiese.
L'amore spirituale invece è quell'eroico sentimento che persegue il bene eterno
dell'umanità; é un sentimento pieno di luce, di verità, di giustizia. Nella
manifestazione pratica l'amore vero può essere dolce e può essere severo, può essere
indulgente e può essere energico, ma non é mai calcolatore, opportunista, ipocrita.
Soltanto lo Spirito può generare questo amore e può alimentare questo amore;
quando lo Spirito non c'é, questo amore non può apparire. Infatti quest’amore oggi
non appare od appare raramente anche perché, come é stato detto, i credenti si
sentono più attirati dalle paroline melliflue, dalle strette di mano ipocrite e formali,
dalle espansività teatrali e bugiarde.
Ma non é soltanto l'amore che manca perché se lo Spirito é assente, sono anche
assenti tutte le altre caratteristiche del «frutto» dello Spirito; é assente cioé l'intera
vita morale della chiesa intesa nel senso cristiano della parola. I credenti hanno un
abito religioso una divisa morale, ma quell'abito é stato cucito senza la presenza e la
guida di Dio.
Non ci stancheremo mai di sottolineare che anche le caratteristiche della vita
morale, cioè le manifestazioni del « frutto » dello Spirito, sono, come i doni dello
Spirito, espressioni di soprannaturalità. Il «frutto» dello Spirito é, in altre parole, il
miracolo morale nella vita dell'uomo e l'uomo che realizza questo miracolo vive una
morale soprannaturale, una morale divina.
Si deve vedere chiaramente che la pazienza é pazienza soprannaturale e che
l'allegrezza é allegrezza soprannaturale e che ogni dettaglio della vita morale è
raggiunto per la presenza e la potenza dello Spirito di Dio. Il credente, cioè il figlio di
Dio, deve vivere su un piano soprannaturale, sia nell'esercizio del ministero cristiano e
sia nell'azione della sua vita morale.
Mancano i doni manca il «frutto» perché manca lo Spirito. Le sostituzioni sono
palesi un ogni campo e se i doni vengono suppliti con il tecnicismo, il frutto viene surrogato
con l'educazione religiosa, ma gli uni e l'altro ci offrono soltanto la
dimostrazione dell'aridità spirituale del popolo di Dio.
Quando lo Spirito sarà sparso di nuovo sopra ogni carne, quando si udrà ancora
una volta il suono del vento impetuoso, quando riappariranno le lingue di fuoco, quando
gli uomini, convinti dallo Spirito, nasceranno di nuovo d'acqua e di Spirito, quando i
figli di Dio saranno ancora condotti dallo Spirito di Dio, quando la chiesa sarà guidata
potentemente in ogni verità dal Consolatore e soltanto dal Consolatore, allora il
deserto tornerà ad essere un Carmel, e il Carmel fiorirà e fruttificherà, ed il suo frutto
sarà il «frutto» dello Spirito.
I cristiani torneranno a vivere la vita stessa di Dio e quella vita apparirà in loro
per la potenza dello Spirito e l'amore sarà l'amore che offre fino al sacrificio supremo,
ma che non tradisce mai la verità; l'allegrezza sarà l'allegrezza pura che si alimenta
nella speranza cristiana; e la pace sarà la pace profonda ed inviolabile fondata sulla
fiducia in Dio; la longanimità sarà la benevolenza illuminata, equilibrata dalla giustizia
divina; la benignità sarà la generosità fraterna ispirata dall'esempio di Cristo; la bontà
sarà la premura generosa potenziata dalla grazia celeste, la fedeltà sarà la costanza
virile che si compone in Dio; la dolcezza sarà soavità di parole e di gesti senza falsi
infingimenti; e la temperanza, alfine, sarà la concretizzazione del più perfetto
equilibrio morale alla luce di una fonte di potenza spirituale.
Vita cristiana, vita raggiunta fuori del naturale e che non rappresenta perciò
l'utilizzazione od il perfezionamento di elementi naturali, ma che appare, in maniera
inequivocabile, come il risultato dell'azione divina e soprannaturale dello Spirito Santo.
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Non dimentichiamoci che la verità centrale nell'opera della grazia è costituita
dalla «nuova nascita» e cioè da quella rigenerazione che si compie per la potenza
dell'acqua e dello «Spirito». Questa verità stabilisce che soltanto le opere compiute
dalla «nuova creatura» sono accettevoli davanti a Dio; queste opere sono le opere
dello Spirito, possiamo ben dire il «frutto» dello Spirito.
Con troppa facilità ci lasciamo ingannare dagli elementi che dovremmo invece
saper valutare e discernere; un «buon» carattere umano, una elevata educazione
sociale, una ottima morale ecclesiastica sono per noi soddisfacenti sostituzioni del
frutto dello Spirito. Siamo pronti ad elogiare ed anche ad insignire di titoli e privilegi
quei membri di chiesa o quei «bravi giovani» che manifestano una educazione
raffinata o un carattere piacevole anche senza avere il più piccolo segno di una nuova
nascita.
Non ogni frutto é il frutto dello Spirito, non ogni morale è la vera morale
cristiana, ma noi siamo divenuti estremamente indulgenti e ci accontentiamo di
qualsiasi frutto e di qualsiasi morale. Ma non in ogni frutto e, non in ogni morale c'è
Cristo e noi viviamo Cristo e manifestiamo la santità celeste di Cristo non quando
possediamo un'educazione squisita o quando esercitiamo una qualsiasi morale
ecclesiastica, ma quando maturiamo in noi e manifestiamo attraverso noi il frutto dello
Spirito.
Nella nostra vita, ripetiamo, deve apparire non qualsiasi specie d'amore, ma
l'amore che viene dallo Spirito; non qualsiasi genere d'allegrezza, ma l'allegrezza dello
Spirito; devono insomma manifestarsi gli effetti divini di una causa divina e questi
effetti devono essere una dimostrazione di potenza soprannaturale almeno analoga a
quella dei più evidenti e gloriosi miracoli operati dallo Spirito.