martedì 29 novembre 2011

EUKAIROS O AKAIROS.

Testo: Eccl. 11: 6, Semina il tuo seme al mattino e la sera, non dar riposo alla tua mano, poiché tu non sai quale dei due riuscirà meglio se questo o quello o se saranno tutte due buoni.
Introd. Prima di analizzare il nostro testo biblico è utile conoscere almeno sinteticamente l’autore di questo libro e lo scopo del libro. Il quale risale al 3° Sec. A.C. 
L’autore si presenta come Qohelet figlio di Davide tradotto come l’Ecclesiaste o più comunemente il Predicatore, attribuito a Salomone. Il suo nome significa radunare convocare un’assemblea di persone per argomentare, discutere. Qohelet si considera il primo filosofo ebraico. Lui critica la saggezza tradizionale e cerca d’imporre un pensiero razionale ed empirico contro la società tradizionale in cui la questione della verità non è mai posta, perché la verità è quella che si trasmette egli introduce l’esperienza come criterio della verità. Il libro è pieno di metafore, simboli e figure retoriche. Il libro si divide in due parti: 1) filosofia fondamentale dove afferma che tutto è assurdo perché transitorio, o “tutto è vanità”2) una seconda parte dove ammette differenze e un certo relativismo delle opinioni. Le parole chiavi che ripete in tutto il libro sono: VITRON = PROFITTO O VANTAGGIO, AMAL= FATICA, E “SOTTO IL SOLE” LUI FA NOTARE LA PERDITA DELLA MEMORIA STORICA DELLE GENERAZIONI, ESSI SI SUCCEDONO SENZA TENERE LA MEMORIA DEGLI EVENTI senza considerare la saggezza: HOKHMA.
Questo bellissimo brano del cap.11, pone l’agire umano al centro di tutto, se leggiamo i primi versi, notiamo che parla di un investimento, perché in verità seminare è investire! Getta il tuo pane sulle acque, era allora un antico proverbio che potrebbe significare investire i soldi in imprese marittime, il consiglio di farne in più parti a sette o a otto fa trasparire la saggezza d’investire di partecipare ad altri, di condividere ciò che si possiede perché non conosciamo il domani e ciò che ci può capitare. Gli elementi naturali non costituiscono una scusa per la semina, nuvole pioggia e sole, sono segni che non cambiano, infatti, il tempo della semina è proprio dall’autunno alla primavera, periodi di piogge. Ma il seminatore non guarda il tempo. La prima concezione di Qohelet e quella di accettare di non sapere tutto, ( bellissimo l’esempio del bambino nel seno materno). Ma adesso iniziamo a addentrarci nel nostro tema più da vicino. Per una buona riuscita della semina è importante porre in analisi i tre settori principali coinvolti:
 IL CAMPO – IL SEMINATORE – IL SEME.
IL NOSTRO TEMA E’ IMPERATIVO: SEMINA IL TUO SEME!
IL CAMPO: è importante scegliere e conoscere il campo che si vuole seminare, dalla preparazione diligente del terreno dipende il successo della semina. Il terreno deve essere liberato dalle erbacce, vecchie radici nascoste nel terreno, esse sono da estirpare e bruciare, poi il terreno deve essere arato, vale a dire rivoltato per assicurarsi che non siano rimaste delle radici che mettono a rischio la semina. In 1 Cor. 3, 9 leggiamo voi siete il campo di Dio e Gesù nello spiegare la parabola del seminatore in Matt.13 disse che il campo è il mondo, vale a dire i cuori degli uomini. Quanti cristiani dicono di essersi convertiti, ma il loro campo non è stato mai rivoltato, accettare Gesù cambia la vita! Non si è più quelli di prima, bisogna sapere che il peccato deve essere abbandonato.  Colui che ha messo le mani all’aratro e guarda indietro, non è adatto al regno di Dio, disse Gesù. Non si può avere due personalità una in chiesa e un’altra fuori. Il campo deve essere liberato dalle impurità, molte volte pur di convertire un’anima gli facciamo cambiare solo religione, non denunciamo il peccato, ecco perchè molti, quando i pastori li correggono scappano e vagano di comunità in comunità, ma è dello Spirito Santo che hanno bisogno, del vero pentimento, di lacrime vere. Dio stesso si occuperà di rivoltare il campo del nostro cuore se ancora non è stato arato. Egli procurerà dei solchi profondi per far sì che la semina abbia buona riuscita. Dobbiamo arrendere a Dio le nostre attitudini sbagliate con diligenza in Prov. 20, 4 leggiamo che “il pigro non ara a causa del freddo, alla raccolta verrà a cercare, ma non ci sarà nulla”Il Signore dice attraverso il profeta Osea al cap 10,14 Dissodate il vostro campo non coltivato, perché e tempo di cercare l’Eterno, finché Egli venga e faccia piovere su di voi la Sua Giustizia. Alcuni arano la malvagità, mietono l’iniquità e mangiano il frutto della menzogna. Chissà perché pensiamo sempre a dissodare il campo degli altri e non il nostro. Prima di arrivare al seme in ogni caso abbiamo il dovere di parlare del seminatore.
IL SEMINATORE: egli deve avere dei requisiti, prima di tutto il campo del suo cuore è già stato arato, solcato e seminato, avrà il desiderio di seminare senza paura e farlo con perseveranza, senza tenere conto del tempo. L’apostolo Paolo incoraggia Timoteo a predicare la parola (2Tim. 4: 1-4) dice INSISTI! RIPRENDI (correggi) RIMPROVERA (Parla con autorità) ESORTA! (CONSIGLIA) CON OGNI PAZIENZA E DOTTRINA! Poi dice in circostanze favorevoli o sfavorevoli: EUKAIROS (Favorevoli) O AKAIROS (Sfavorevoli). Il seminatore non guarda ostacoli è equipaggiato contro la pioggia, il vento ed altri fenomeni riguardanti la natura: con vestiti plastificati che lo coprono dalla testa ai piedi. Egli semina con discernimento considerando gli usi, i costumi e la sensibilità delle persone. Certo il nemico cercherà di scoraggiare in mille modi: pigrizia, ipocondria, tentazioni varie, ma il vero seminatore vive una vita di preghiera, semina CON IL PROPRIO ESEMPIO, nella propria comunità, ESORTANDO, RIPRENDENDO, SOPPORTANDO, COSTRUENDO, CENSURANDO, AMMONENDO I LAMENTOSI E I COLUNNIATORI. I versi 3-5 affermano che verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina ma che per prurito di udire si faranno maestri secondo le loro voglie. MA, TU dice l’apostolo, e noi diciamo: 


MA TU SEMINATORE, 


sopporta afflizioni, fa l’opera dell’evangelista e adempi interamente il tuo ministerio o EUKAIROS O AKAIROS, se trovi il campo non adatto alla semina metti in pratica la parola di Dio: in Ger. 4,3 sta scritto, dissodatevi un campo nuovo e non seminate tra le spine! Tra quelle persone le quali tengono troppo alle cose mondane e alle ricchezze! Semina con discernimento e impegno perché le fonti continuano a sgorgare, anche se non c’è nessuno che attinga l’acqua, i fiumi scorrono, anche se non c’è nessuno che beva! Andate disse Gesù, fate discepoli in tutte le Nazioni battezzandoli… (Matt. 28:19-20). Il problema se mai è qual è il seme che stai seminando?
IL SEME: La scelta del seme è importante! Non si può seminare vari tipi di semenza e aspettarsi che nascono dei fiori o alberi da frutto. Molti seminano in maniera superficiale, pubblicizzano miracoli, prosperità, guarigioni e liberazioni. Il profeta Osea parlò da parte del Signore dicendo: seminate secondo giustizia, mietete secondo la misericordia, dissodatevi un campo nuovo perché è tempo di cercare l’Eterno finché Egli non venga e non sparga su di voi la pioggia della giustizia. Vi sono vari tipi di seme. Il nostro testo dice: semina la tua semenza!
Il SEME: è l’organo di propagazione per la disseminazione delle piante, deriva dalla trasformazione di un ovulo dopo la fecondazione, in genere si sviluppa sulla pianta madre, e se ne distacca dopo la maturazione. L’embrione è completo di tutto,radice e foglioline che dopo la semina si svilupperanno.  Ogni uno di noi ha una semenza, e di conseguenza è stato seminato, provenienza ambientale, sociale, familiare e spirituale. L’ambiente di provenienza c’influenza così tanto che anche quando il Signore arriva nella nostra vita, Lo Spirito Santo ci deve plasmare ogni giorno per far sì che dimentichiamo le vecchie abitudini o per meglio dire per estirpare quelle radici velenose, brutte parolacce pensieri malvagi, ira collera. Dio desidera che noi siamo grano: 
IL GRANO è la pianta paragonata ai veri figli di Dio, perché il grano e molto lavorato, pigiato insieme alla paglia, ventilato ecc. in poche parole provato. Qualche anno fa degli scienziati hanno trovato il modo come produrre il grano il mondo ha cantato vittoria: finalmente non si devono più lavorare i campi! Così hanno seminato questo chicco prodotto dalla tecnica, o geneticamente modificato, identico agli altri chicchi, ma aimè lo annaffiarono, aspettarono il tempo giusto, ma questo grano non germogliava, lo hanno trovato ammuffito e distrutto. Cosa mancava? La vita! Il soffio che Dio mette nelle cose vere, ogni cosa che respira loda l’Eterno. Il grano ha la vita dentro di sé! Senti lo Spirito Santo dentro di te? Se tu sei grano vero, protrai seminare gli altri e far sì che portino frutto. In proverbi 6, 14 leggiamo che l’uomo iniquo semina discordie tra i fratelli, altri seminano vento e mietono tempesta. Se leggiamo Matteo 13, avremo chiaro il concetto della semina, non solo per la scelta del campo e le qualità del seminatore ma soprattutto a stare attenti di non spargere il seme della zizzania. Essa è una pianta molto simile al grano, la differenza è che quando matura la spiga è vuota, il nemico ha seminato la zizzania, mentre tutti dormivano, questo seme, disse Gesù che era pericoloso estirparlo perché metteva in pericolo il grano, sapete perché? Ho fatto una ricerca, e ho scoperto che la zizzania affonda le sue radici robuste e li aggroviglia con quelle del grano, ecco perché estirparla mette in pericolo il grano. La particolarità di questa pianta è il sapore amaro, e se si miete con il grano la farina sarà amara e chi la mangia può avere conseguenze come capogiri ed altro, anche gli animali che la mangiano hanno conseguenze: il latte amaro, il formaggio, l’uovo e così via. Nell’Apocalisse 2, 8-11 leggiamo di alcuni giudei di Smirne, che si vantavano d’essere santi, (una lode) ma che spiritualmente  non erano tali, anzi hanno confabulato contro il servo di Dio e la chiesa, diventando calunniatori, mormoratori e zizzanie in mezzo al grano, amareggiando e distruggendo. 
Qual è la tua semenza dice il Signore e tra quelli che seminano con lacrime per raccogliere con canti di gioia o tra quelli che rapportano sempre le cose negative, che mettono discordie? Se fino adesso la tua semenza non ha portato frutto, forse nelle tue radici si è intrufolata qualche zizzania, cambia la tua semenza! Lascia che Dio semina in te la Sua semenza: Io seminerò il mio popolo della mia semenza disse il Signore al profeta Osea (2, 21-23) Dio vuole seminare la Sua semenza nella nostra vita: la Sua parola come una spada a Due tagli che separa le opere della carne con quelle dello Spirito. Il seme è tuo perché è passato dentro di te, è germogliato e maturato dentro di te e dopo è stato partorito e dato agli altri. Dissodate il vostro campo dice il Signore, togliete ogni radice d’amarezza, d’invidia, d’odio, di rancore e poi seminerete il santo seme della mia parola. Seminerete in riva alle acque, secondo giustizia, con l’esempio della vostra testimonianza vivente. Colui che semina la buona semenza è il figliolo dell’uomo, Lui è stato d’esempio con la Sua vita di sofferenza, sottomissione pazienza umiltà, questa è la Sua semenza ed è difficile seminarla con il proprio esempio, se tu possiedi questo seme nella tua vita,
 PRESENTATI, EUKAIROS O AKAIROS, SEMINIAMO PER LO SPIRITO E NON PER LA CARNE! Seminiamo abbondantemente e raccoglieremo abbondantemente. Dio ci chiama a seminare pace, gioia, allegrezza, fede, speranza, amore, è questa la tua semenza?
Noi raccogliamo ciò che seminiamo. Quante famiglie distrutte, perché la madre aizza i figli contro il padre, e il padre contro la madre. La moglie disprezza il marito facendolo apparire una nullità, e il marito picchia la moglie o la umilia davanti ai figli. I semi che Dio ha messo nel tuo cuore, stanno portando frutto? 
Una volta un fratello fece un sogno: nella piazza più importante della città avevano aperto un negozio nuovo, si chiamava “Regali di Dio”. Un angelo serviva i clienti, lui entrò e chiese: cosa vendi angelo del Signore? Qualunque dono di Dio! sono cari? I doni di Dio li diamo gratis rispose. Guardò gli scaffali, erano pieni d’anfore d’amore, fiaschi di fede, bottiglie di speranza, scatole di salvezza ecc. prese coraggio e fece la sua ordinazione, per favore un fiasco di perdono di Dio, una bottiglia di speranza e così via…. Rimase sorpreso, quando vide sul banco un pacchetto piccolissimo quanto un cuore, questo è tutto disse! Si rispose l’angelo, Dio non da mai frutti maturi, Egli da solo piccoli semi che ogni uno deve coltivare.
Poche cose nella natura sono più fragili di un seme, ma forse nessuna è più di esso tenace e pieno di speranza, anche se cade sulla nuda roccia, esso tenterà sempre di trovare una fenditura, dove affondare la sua esile radice, ed è per questa sua fede tenace che la terra è verde. Dio semina i nostri cuori, ma solo noi, decidiamo se quei semi porteranno frutto. Il seme porta frutto solo se muore. Lo Spirito Santo ci ordina di mortificare i frutti della carne descritti in Gal. 5, 19-23 seminiamo il frutto dello Spirito se veramente abita in noi. SEMINA LA TUA SEMENZA EUKAIROS O AKAIROS, ti senti una semenza che tutti possono imitare? Allora vai predica la parola piena di fede, trasmetti il tuo seme ovunque, anche quel seme silenzioso sarà notato e porterà molto frutto! Il profeta Isaia si sentì indegno davanti alla santità di Dio: ma l’angelo passò il fuoco purificatore sulle sue labbra. Allora il profeta disse: manda me Signore! Prima di seminare fuori abbiamo il dovere di seminare dentro le nostre famiglie. Molte donne non custodiscono la pace nelle loro case, in Prov. 21, 19 leggiamo che è meglio abitare in un deserto che con una moglie litigiosa e irritante. La donna di Dio è lodata dal frutto delle sue opere. Io vi seminerò della mia semenza dice il Signore! Vi feconderò, la mia parola affonderà le sue radici in voi, Cristo è la parola vivente. Voi partorirete con dolore; le anime che il Signore ci darà dovremo partorirle con quel seme santo che dimora in noi. Ben va piangendo colui che porta il seme da spargere, ma tornerà con canti di gioia portando i suoi covoni. Quel che l’uomo avrà seminato quello mieterà… corruzione per la carne, vita eterna per lo Spirito. (Gal. 6,7) disse Gesù: alzate i vostri occhi e guardate le campagne come sono già bianche per la mietitura. Giov. 4 , 35: Semina la tua semenza: Eukairos o akairos!
Rosetta Di Vincenzo Mascali.


venerdì 25 novembre 2011


LA FEDE, LE OPERE, E LA SALVEZZA

Egli ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, 6 ch'Egli ha copiosamente sparso su noi per mezzo di Gesù Cristo, nostro Salvatore, 7 affinché, giustificati per la sua grazia, noi fossimo fatti eredi secondo la speranza della vita eterna.


 Tito Cap. 2, 11-15; e Cap. 3, 1-5 soffermandoci al verso 5. Egli ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua misericordia…
Questi tre capitoli dell’Epistola di Paolo a Tito ci portano alla riflessione etica, il comportamento che ogni cristiano che si ritiene tale deve mantenere costante.
Nel  capitolo uno, troviamo i consigli per coloro che governano la chiesa, mentre il secondo e il terzo descrive la qualità di una chiesa sana e la salvezza per grazia.

Molti cristiani s’illudono che attraverso le opere buone possono acquisire dei meriti davanti a Dio, la Bibbia non dice così, ma che mentre eravamo peccatori Cristo è morto per noi. In quanto alle opere, esse sono il frutto dell’esperienza fatta con Gesù quando è venuto nella nostra vita. Egli ci ha rigenerati, vale a dire ha rinnovato la nostra mente attraverso lo Spirito Santo, infatti, il verso 3 del cap. 3 dice: <<Anche noi, infatti, un tempo eravamo insensati, ribelli, erranti, schiavi di varie concupiscenze e voluttà, vivendo nella cattiveria e nell'invidia, odiosi e odiandoci gli uni gli altri. 4 Ma quando apparvero la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore verso gli uomini egli ci ha salvati non per mezzo di opere giuste che noi avessimo fatto, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, >>. Proprio per questo motivo, il cristiano mostra il frutto dello Spirito che è: AMORE. Se amiamo, non giudichiamo i fratelli, non critichiamo i deboli nella fede, non siamo invidiosi e neanche odiosi perché questi requisiti non sono dei figli di Dio. Ricordiamo che Dio è stato Misericordioso con noi perdonandoci non per le nostre buone opere ma per grazia. Per concludere le opere buone non sono quelle che ci fanno acquisire dei meriti davanti a Dio, ma il frutto di un cuore rinnovato che loda Dio attraverso una sana condotta, infatti, fede ed opere camminano insieme perché l’una non serve a niente senza le altre. Giacomo 2,17 dice: Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Il cambiamento della vita interiore si manifesta nella condotta ecco perché le opere camminano a pari merito con la fede. Apocalisse 2,5 Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da te e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi.


 


martedì 22 novembre 2011

L’etica dello Spirito

    Allo Spirito si rivolge tutto ciò che ha bisogno di santificazione; Lui desiderano ardentemente tutti quelli che vivono secondo virtù: dal Suo soffio sono come rinvigoriti e aiutati a raggiungere il fine loro proprio anche secondo natura. Capace di perfezionare gli altri, egli per sé non viene meno in nessuno; vive senza bisogno di rifare le Sue forze e anzi rifornisce la vita. Le anime che portano lo Spirito, illuminate dallo Spirito diventano esse stesse spirituali e riversano la grazia sugli altri.  (Basilio di Cesarea).
Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo.  Contro tali cose non vi è legge. Ora quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze. Se viviamo per lo Spirito, camminiamo altresì per lo Spirito. (Gal. 5, 22)
L’etica dello Spirito che produce la “Metanoia” nel credente, crea le condizioni psicologiche e, spirituali per rinunciare alle vecchie abitudini come i frutti della carne e le vane concupiscenze per far germogliare il vero amore dal quale derivano le altre virtù.
1) L’Amore agape non commette adulterio, rispetta il prossimo come se stesso, non conosce il concetto di fornicazione lo contrappone alla castità e purezza in onore a Dio. Nel Nuovo Testamento il termine greco agape gode di diversi significati:
Eros, amore romantico e sessuale.
       Philos, amore fraterno e sentimenti legati alla famiglia.
 Agape, esprime l’amore di Dio manifestato in Cristo: quel dono totale di se stessi che rende capaci d’amare anche i nemici. É un bene non originato da interessi egoistici ma centrato completamente nel servizio cristiano attraverso un’etica benevola che si manifesta nel dono totale di se stessi.


    2) La gioia del cristiano è un frutto raro che cresce attraverso la pace interiore, essa non conosce l’impurità e la dissolutezza, nasce e si realizza dalla salvezza (Atti 16, 4). La gioia, come qualsiasi altra emozione, non fa perdere di vista la necessità di conservare un equilibrio tra spirito e corpo, che è proprio dell’uomo. Il suo significato è “Gioiello, pietra preziosa”, e il più delle volte descrive quella gioia che ha una base nella fede. Lo spirito Santo la contrappone alle gioie effimere che hanno per scopo il libertinaggio; (Aselgeia) definita: “Prontezza ad ogni piacere”.
3) La pace: il suo significato etimologico è “tranquillità”, quiete, mentre quello pneumatico esprime lo stato dell’anima nella quale si sono acquietati i timori, le perplessità, le apprensioni e passioni. Gesù (Gv 14: 27) formula una promessa: “Io vi lascio pace; vi do la mia pace. Questo termine dell’ebraico “shalom” e, del greco “Eirene” è il frutto per eccellenza di Cristo e dello Spirito santo, come ragione della sua venuta nel mondo. L’insegnamento rabbinico lo descrive come il solo “canale” attraverso il quale la benedizione divina può fluire in questo mondo.
La pace interiore va intesa come capacità di vivere e gestire i fatti della propria storia con tutta la relativa emozionalità. Solo così può essere segno non di mera saggezza bensì dell’inconfondibile presenza del Pneuma con il quale il nostro spirito agisce in una simbiosi di comunione operativa. Lo shalom familiare in Israele era l’etica istituita da Dio che si estrinsecava nell’amore per il prossimo.[3]
4) La pazienza: questo frutto nasce sempre attraverso una prova difficile da superare, il termine ha origine dal latino volgare patire e dal greco pathein e pathos, dolore corporale e spirituale.
L’etica spirituale produce la pazienza come un frutto che nasce da un cuore arreso, un atteggiamento interiore proprio di chi sopporta il dolore, le difficoltà, le avversità, le molestie e, le controversie.  Essa rende capaci di controllare la propria emotività e restare fermi nelle convinzioni. Pazienza è l’amore che sopporta, che tollera, indulgente, è un vestito che raramente si logora, poiché supportato da altre virtù. Perdere la pazienza : esprime l’incapacità di frenarsi, di contenere l’ira. La pazienza di Giobbe ha riferimento teologico ed etico, egli tenne salda la fede in Dio e, tollerò con forza d’animo le peggiori avversità. Nel NT è usata per descrivere l'attitudine di Dio nei confronti dell'uomo.
5) Gentilezza: Il termine “gentile”, da cui “gentilezza” deriva dal latino “gentilem” che significa “appartenente a qualche gens, famiglia patrizia”. Nella concezione antica la condizione sociale si riteneva coincidesse con la condizione spirituale, la gentilezza di chi per nascita apparteneva alla nobiltà, implicava qualità morali e comportamentali corrette, come il garbo, grazia e cortesia. Lo spirito Santo appartiene alla più alta regalità Spirituale, Egli produce i sensi morali nel singolo credente e, nella comunità. La gentilezza come frutto dello Spirito non si riferisce soltanto alle buone maniere etiche, ma al servizio cristiano reso con abnegazione totale.
6) Bontà: questo frutto ha molto in comune con quello antecedente è una fonte di qualità morali che spingono l’uomo a fare il bene, ad essere generoso, affabile, cortese, mite d'animo, di cuore, di sentimenti benevolenza e, cortesia.[7] L’etica non crea la bontà, Dio il sommo bene attraverso il pneuma semina le qualità dei Suoi attributi perché rifulga nel volto dei figli l’immagine di Cristo.  “Il bene è Dio; conoscere Dio è la somma virtù e la somma beatitudine; il desiderio di Dio, il conato dintenderlo è il motivo necessario e sufficiente a determinare la condotta atta a procacciarlo” (Baruch Spinoza).
7) Fede: La fede è l’aspetto concreto della vera conversione, il lato umano della rigenerazione, essenziale per avere relazione con Dio.[8] Il termine deriva dal latino “fides”, e dal greco “Peith-ò” persuado, mi fido.Tale frutto fa parte delle tre virtù teologali che unito alla speranza e la carità permangono in eterno. Senza la fede il cuore dell’uomo diventa insensibile. Essa nasce ascoltando la Parola di Dio e serbandola nel cuore. (Rom. 10, 17). La fede spirituale è quella fiducia in vari gradi dal credente “nato di nuovo”, la quale si basa sulla conoscenza di Dio. Essa è il fondamento dell’etica: vive e cresce attraverso un esercizio pneumatico e di conseguenza alimenta i frutti dello Spirito dei quali fa parte attiva.
8) Mansuetudine: è quell'atteggiamento di pensiero opposto all'asprezza alla contenziosità, e che si manifesta con gentilezza e tenerezza nei rapporti con il prossimo. Essa è descritta come umiltà, lentezza all’ira, dolcezza ed altro, non è una qualità naturale è la manifestazione di una mente rinnovata; eccetto nel caso di Cristo nel quale è l’espressione e la manifestazione della Sua natura Santa. Come attributo umano, Aristotele la definisce il punto inter­medio tra la collera irrefrenabile e l’apatia di carattere che è incapace di indignarsi anche se giustamente. Secondo questa con­cezione essa equivale all’imparzialità, Platone la contrappose alla violenza e alla crudeltà e la usò col significato d’umanità verso chi è condannato. Finder la applica ad un re, mite, amabile verso i suoi concittadini, ed Erodoto la usò come l’opposto della collera. Essa è la virtù dei grandi, dei saggi, dei forti, dei nobili (Proverbi 16, 32). La mansuetudine come frutto dello Spirito è la più grande manifestazione etica che precede la gloria, la caratteristica di Cristo l’Agnello immolato, il più alto modello di mansuetudine.
9) Autocontrollo: Il termine che Paolo adopera è Enkrateia autodisciplina e, sintetizzando, la capacità di regolare la propria condotta in modo conforme alle esigenze sociali, dominando o inibendo manifestazioni emotive e impulsi, frenando le proprie pulsioni. Inoltre è dominio di sé, dei propri impulsi, desideri, bisogni e passioni della ragione dell’uomo. 
L'autocontrollo, è anche chiamato disciplina, dominio di se, equilibrio, non come repressione ma in modo di scegliere la soluzione migliore. L’etica dello Spirito non costringe ad una rinuncia forzata, aiuta a con-vivere all’interno dei confini del dovere, nella pienezza dei compiti e dei processi concreti della vita con le sue multi forme necessità.[12]
Il cristiano, si sottomette all'etica dello Spirito Santo per entrare  nella via della santificazione, vale a dire: vivere una vinta non con "l'aureola", ma appartata dal peccato nell'attesa del ritorno di Cristo.




[3] Waldemar Janzen, Etica dell’Antico Testamento Un approccio paradigmatico, ed. Claudiana   2004 Torino; pag. 17.
 [4] Vestitevi dunque come eletti di Dio, santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza. (Cl. 3, 12).

[7] dizionari.hoepli.it › Dizionario Italiano.
[8] Eb. 11, 6 - « Senza fede è impossibile piacergli; poiché chi s'accosta a Dio deve credere ch'Egli è, e che è il rimuneratore di quelli che lo cercano ».
              [12] Dietrich Bonhoeffer, Etica, Brescia 1995, p. 326.




[1] Alister E. Mac Grath, Teologia Cristiana, Claudiana -Torino 1999, pp. 286 – 287.

venerdì 11 novembre 2011


IL FRUTTO DELLO SPIRITO
Da molti pulpiti è stato ripetuto che frequentemente la cristianità ha curata la ricerca de doni dello Spirito a danno dello sviluppo del frutto dello Spirito. Non si può escludere che è stata affermata una verità valida almeno per certi periodi e per certi luoghi; la mancanza di equilibrio e di armonia sono comuni nella natura umana.
Pensiamo però che questa verità non si riferisca alla attuale situazione del popolo di Dio; oggi non si può parlare di abbondanza di doni spirituali e di immaturità di vita cristiana perché l'assenza dello Spirito ha prodotto purtroppo la deficienza di ambedue queste realtà. Non ci sono e non si manifestano i doni e non c'è e non appare il frutto dello Spirito.
La situazione quindi è più tragica di quella che può emergere da una mancanza di equilibrio cristiano dove la vita e la potenza dello Spirito sono assecondate in maniera disordinata e imperfetta, ma pure sono parzialmente assecondate.
Qui invece l'opera dello Spirito è rifiutata, ostacolata e non può apparire in nessuna specie di vita religiosa; mancano i doni, manca il frutto, c'è l'assenza completa dei fenomeni spirituali perché c'è l'assenza dello Spirito.
Che cos'è il «frutto» dello Spirito? Possiamo entrare nel soggetto rispondendo subito a questa domanda: Il frutto dello Spirito é il risultato spontaneo della potenza divina nella vita morale e spirituale del credente. Lo Spirito riproduce se stesso mediante un fenomeno di biologia soprannaturale ed appare attraverso la vita del credente, nelle sue caratteristiche o nei suoi attributi morali.
Non rientra nel soggetto di questo scritto studiare didatticamente questo fenomeno spirituale e perciò non possiamo soffermarci a commentare esegeticamente i passi biblici che si riferiscono all'argomento, ma non è superfluo ricordare che il «frutto» dello Spirito nella «singolarità» della sua natura possiede una «pluralità» di manifestazioni distinte; l'apostolo Paolo infatti così definisce questa meravigliosa realtà spirituale: - Il frutto dello Spirito, invece, è amore, allegrezza, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza.
Queste molteplici e diverse realtà si trovano, così sembra, in un unico frutto e perciò coesistono contemporaneamente nella vita di quel credente ove lo Spirito ha la possibilità di maturare la manifestazione dei suoi attributi morali. I «doni» nella loro pluralità, possono apparire nella vita del cristiano separatamente ed indipendentemente l'uno dall'altro; un credente cioè, può ricevere ed esercitare un dono senza necessariamente ricevere gli altri, ma non può invece portare il «frutto» dello Spirito senza avere le diverse parti di esso.
Nel linguaggio spicciolo il «frutto» dello Spirito è stato assomigliato ad una arancia che serra sotto una medesima buccia i diversi spicchi, cioè le varie, distinte, ma integranti parti del frutto. Questa limpida esemplificazione ci aiuta a comprendere la netta differenza che esiste fra i «doni» dello Spirito ed il «frutto» dello Spirito nella vita del credente: i due fenomeni hanno caratteristiche distinte e diverse negli effetti pratici della vita cristiana.
La diversità degli effetti non esclude però l'unicità della causa e possiamo perciò ritornare nel vivo del nostro soggetto. ribadendo quanto affermato e cioè che il « frutto » dello Spirito, come i «doni» dello Spirito, rappresenta il risultato naturale della reale e dinamica presenza dello Spirito nella vita del credente. Quando lo Spirito è presente, ed è libero di svolgere la sua azione divina, i doni, il frutto, le operazioni ed i ministeri si manifestano come conseguenza automatica, ma quando lo Spirito é assente od è contrariato e contristato, non soltanto i doni mancano, ma con i doni mancano tutti gli altri fenomeni spirituali incluso quello del «frutto», cioè della vita morale del cristiano.
Crediamo di aver esaurientemente chiarita la premessa per poter andare avanti nell'argomento: - La vita morale del popolo di Dio può essere pienamente realizzata soltanto per la presenza e per la potenza dello Spirito. In altre parole, soltanto il «frutto» dello Spirito rappresenta la reale vita morale del cristiano e qualsiasi altra «vita morale» fuori dello Spirito non è autentica morale di fronte a Dio.
Oggi, purtroppo, questa verità non è tenuta in grande considerazione e dal seno di una cristianità separata dallo Spirito parte la ricerca per una morale pseudo-cristiana. I predicatori proclamano l'eccellenza dell'amore, dell'allegrezza, della pace, della longanimità e di ogni altra manifestazione del «frutto» dello Spirito, ma non predicano la necessità di ricevere e far operare lo Spirito.
Sembra quasi che si voglia compiere il tentativo di riprodurre artificialmente e forse anche separatamente le manifestazioni del frutto dello Spirito. I risultati raggiunti fino a questo momento sono desolanti e l'amore, la pace o l'allegrezza che oggi si trovano nelle chiese non costituiscono davvero un incoraggiamento a proseguire il temerario esperimento.
L'amore prodotto per un processo di fecondazione artificiale non assomiglia neanche debolmente all'amore che esiste nel «frutto» dello Spirito, e l'allegrezza o la temperanza conseguenti all'opera d'un ministero estraneo allo Spirito non hanno nulla in comune con le medesime virtù che si trovano entro quel glorioso frutto che viene prodotto dallo Spirito.
Ma sembra, purtroppo, che anche sul piano morale le chiese cristiane siano soddisfatte; l'etica che insegnano e vivono, arida, fredda, improduttiva rappresenta un manto capace di coprire, da un punto di vista esclusivamente sociale, l'impudicizia dell'immorale natura animale, e le chiese ne sono soddisfatte, obliando che quel manto non può e non potrà mai coprire le immonde nudità che appaiono agli occhi di Dio. Soltanto una vita realmente spirituale può generare quel «frutto» che contiene in se stesso tutte le caratteristiche di una vita morale conforme alla natura e quindi ai desideri di Dio.
La vita spirituale invece é assente; è assente nell'amore, é assente nella pace, è assente nella longanimità, é assente nell'allegrezza; è assente insomma in ogni particolare della vita morale della chiesa e quindi nella chiesa esistono amore, pace od allegrezza, ma esistono soltanto come ignobili falsificazioni di queste virtù soprannaturali. Gli attributi di Dio dovrebbero essere gli attributi dei figli di Dio; essi dovrebbero possedere e manifestare la pace «di» Dio, l'amore «di» Dio, la pazienza «di» Dio, invece essi posseggono pace, amore, pazienza, ma questo patrimonio non é il patrimonio «di» Dio perché non è prodotto dalla potenza soprannaturale dello Spirito Santo.
Anche qui la chiesa ha pagato e paga il suo tributo al mondo perché é proprio il mondo che esige che sia posta in circolazione la valuta della terra al posto della valuta del cielo. I credenti chiedono infatti che ci sia esuberanza d'amore, ma quale amore vogliono?
Ieri, quando la chiesa era fedele, era spirituale; i credenti chiedevano l'amore che «Dio spande nei cuori per lo Spirito Santo», ma oggi che la chiesa paga fedelmente il proprio tributo al mondo, i credenti chiedono l'amore che nasce dalla natura umana L'amore contenuto nel «frutto» dello Spirito é sostanzialmente diverso dall'amore umano, ma un popolo che ha smarrito lo Spirito non sa comprendere questa differenza e istintivamente si sente attirato verso gli elementi terreni.
Non meravigliamoci dunque se gli assertori dell'amore dimostrano di ignorare totalmente la conoscenza del vero amore. L'amore del quale essi parlano, l'amore che difendono energicamente, non possiede in se stesso, nessun elemento spirituale perché non nasce dallo Spirito; è un sentimento umano che persegue scopi umani, sociali, contingenti.
Se vogliamo dare una definizione a questa specie di amore possiamo dire che è «quel saper stare assieme nella gioia», quel «saper indulgere opportuno e calcolato », quel «saper dividere egoisticamente i piaceri».
Sono espressioni che si riferiscono anche a circostanze particolari della vita religiosa e perciò che illustrano le caratteristiche dell'amore oggi invocato nelle chiese.
L'amore spirituale invece è quell'eroico sentimento che persegue il bene eterno dell'umanità; é un sentimento pieno di luce, di verità, di giustizia. Nella manifestazione pratica l'amore vero può essere dolce e può essere severo, può essere indulgente e può essere energico, ma non é mai calcolatore, opportunista, ipocrita.
Soltanto lo Spirito può generare questo amore e può alimentare questo amore; quando lo Spirito non c'é, questo amore non può apparire. Infatti quest’amore oggi non appare od appare raramente anche perché, come é stato detto, i credenti si sentono più attirati dalle paroline melliflue, dalle strette di mano ipocrite e formali, dalle espansività teatrali e bugiarde.
Ma non é soltanto l'amore che manca perché se lo Spirito é assente, sono anche assenti tutte le altre caratteristiche del «frutto» dello Spirito; é assente cioé l'intera vita morale della chiesa intesa nel senso cristiano della parola. I credenti hanno un abito religioso una divisa morale, ma quell'abito é stato cucito senza la presenza e la guida di Dio.
Non ci stancheremo mai di sottolineare che anche le caratteristiche della vita morale, cioè le manifestazioni del « frutto » dello Spirito, sono, come i doni dello Spirito, espressioni di soprannaturalità. Il «frutto» dello Spirito é, in altre parole, il miracolo morale nella vita dell'uomo e l'uomo che realizza questo miracolo vive una morale soprannaturale, una morale divina.
Si deve vedere chiaramente che la pazienza é pazienza soprannaturale e che l'allegrezza é allegrezza soprannaturale e che ogni dettaglio della vita morale è raggiunto per la presenza e la potenza dello Spirito di Dio. Il credente, cioè il figlio di Dio, deve vivere su un piano soprannaturale, sia nell'esercizio del ministero cristiano e sia nell'azione della sua vita morale.
Mancano i doni manca il «frutto» perché manca lo Spirito. Le sostituzioni sono palesi un ogni campo e se i doni vengono suppliti con il tecnicismo, il frutto viene surrogato con l'educazione religiosa, ma gli uni e l'altro ci offrono soltanto la dimostrazione dell'aridità spirituale del popolo di Dio.
Quando lo Spirito sarà sparso di nuovo sopra ogni carne, quando si udrà ancora una volta il suono del vento impetuoso, quando riappariranno le lingue di fuoco, quando gli uomini, convinti dallo Spirito, nasceranno di nuovo d'acqua e di Spirito, quando i figli di Dio saranno ancora condotti dallo Spirito di Dio, quando la chiesa sarà guidata potentemente in ogni verità dal Consolatore e soltanto dal Consolatore, allora il deserto tornerà ad essere un Carmel, e il Carmel fiorirà e fruttificherà, ed il suo frutto sarà il «frutto» dello Spirito.
I cristiani torneranno a vivere la vita stessa di Dio e quella vita apparirà in loro per la potenza dello Spirito e l'amore sarà l'amore che offre fino al sacrificio supremo, ma che non tradisce mai la verità; l'allegrezza sarà l'allegrezza pura che si alimenta nella speranza cristiana; e la pace sarà la pace profonda ed inviolabile fondata sulla fiducia in Dio; la longanimità sarà la benevolenza illuminata, equilibrata dalla giustizia divina; la benignità sarà la generosità fraterna ispirata dall'esempio di Cristo; la bontà sarà la premura generosa potenziata dalla grazia celeste, la fedeltà sarà la costanza virile che si compone in Dio; la dolcezza sarà soavità di parole e di gesti senza falsi infingimenti; e la temperanza, alfine, sarà la concretizzazione del più perfetto equilibrio morale alla luce di una fonte di potenza spirituale.
Vita cristiana, vita raggiunta fuori del naturale e che non rappresenta perciò l'utilizzazione od il perfezionamento di elementi naturali, ma che appare, in maniera inequivocabile, come il risultato dell'azione divina e soprannaturale dello Spirito Santo.
Non dimentichiamoci che la verità centrale nell'opera della grazia è costituita dalla «nuova nascita» e cioè da quella rigenerazione che si compie per la potenza dell'acqua e dello «Spirito». Questa verità stabilisce che soltanto le opere compiute dalla «nuova creatura» sono accettevoli davanti a Dio; queste opere sono le opere dello Spirito, possiamo ben dire il «frutto» dello Spirito.
Con troppa facilità ci lasciamo ingannare dagli elementi che dovremmo invece saper valutare e discernere; un «buon» carattere umano, una elevata educazione sociale, una ottima morale ecclesiastica sono per noi soddisfacenti sostituzioni del frutto dello Spirito. Siamo pronti ad elogiare ed anche ad insignire di titoli e privilegi quei membri di chiesa o quei «bravi giovani» che manifestano una educazione raffinata o un carattere piacevole anche senza avere il più piccolo segno di una nuova nascita.
Non ogni frutto é il frutto dello Spirito, non ogni morale è la vera morale cristiana, ma noi siamo divenuti estremamente indulgenti e ci accontentiamo di qualsiasi frutto e di qualsiasi morale. Ma non in ogni frutto e, non in ogni morale c'è Cristo e noi viviamo Cristo e manifestiamo la santità celeste di Cristo non quando possediamo un'educazione squisita o quando esercitiamo una qualsiasi morale ecclesiastica, ma quando maturiamo in noi e manifestiamo attraverso noi il frutto dello Spirito.
Nella nostra vita, ripetiamo, deve apparire non qualsiasi specie d'amore, ma l'amore che viene dallo Spirito; non qualsiasi genere d'allegrezza, ma l'allegrezza dello Spirito; devono insomma manifestarsi gli effetti divini di una causa divina e questi effetti devono essere una dimostrazione di potenza soprannaturale almeno analoga a quella dei più evidenti e gloriosi miracoli operati dallo Spirito.
R. Bracco.
(Dov'è Lo Spirito)


sabato 5 novembre 2011

La grazia a caro prezzo


La grazia a caro prezzo
La grazia a buon prezzo è il nemico mortale della nostra Chiesa. Noi oggi lottiamo per la grazia a caro prezzo.
Grazia a buon prezzo è grazia considerata materiale da scarto, perdono sprecato, consolazione sprecata, sacramento sprecato; grazia considerata magazzino inesauribile della Chiesa, da cui si dispensano i beni a piene mani, a cuor leggero, senza limiti; grazia senza prezzo, senza spese. L'essenza della grazia, così si dice, è appunto questo, che il conto è stato pagato in anticipo, per tutti i tempi. E così, se il conto è stato saldato, si può avere tutto gratis. Le spese sostenute sono infinitamente grandi, immensa è quindi anche la possibilità di uso e di spreco. Che senso avrebbe una grazia che non fosse grazia a buon prezzo?
Grazia a buon prezzo è grazia intesa come dottrina, come principio, come sistema; è perdono dei peccati inteso come verità generale, come concetto cristiano di Dio. Chi la accetta, ha già ottenuto il perdono dei peccati. La Chiesa che annunzia questa grazia, in base a questo suo insegnamento è già partecipe della grazia. In questa Chiesa il mondo vede cancellati, per poco prezzo, i peccati di cui non si pente e dai quali tanto meno desidera essere liberato. Grazia a buon prezzo, perciò, è rinnegamento della Parola vivente di Dio, rinnegamento dell'incarnazione della Parola di Dio.
Grazia a buon prezzo è giustificazione non del peccatore, ma del peccato. Visto che la grazia fa tutto da sé, tutto può andare avanti come prima. «È inutile che ci diamo da fare». Il mondo resta mondo e noi restiamo peccatori «anche nella migliore delle vite». Perciò anche il cristiano viva come vive il mondo, si adegui in ogni cosa al mondo e non si periti in nessun modo - a scanso di essere accusato dell'eresia di fanatismo - di condurre, sotto la grazia, una vita diversa da quella che conduceva sotto il peccato. Si guardi bene dall'infierire contro la grazia, dall'offendere la grande grazia data a buon prezzo, dall'erigere una nuova schiavitù dell'interpretazione letterale, tentando di condurre una vita in obbedienza ai comandamenti di Gesù Cristo! Il mondo è giustificato per grazia, e perciò - in nome della serietà di questa grazia! per non opporsi a questa insostituibile grazia! ~ il cristiano viva come vive il resto del mondo! Certo, il cristiano desidererebbe fare qualcosa di straordinario; è senza dubbio la rinuncia più difficile quella di non farlo, ma di dover vivere come il mondo! Ma il cristiano deve accettare questo sacrificio, essere pronto a rinunciare a se stesso e a non distinguersi, nel suo modo di vivere, dal mondo. Deve lasciare che la grazia sia veramente grazia, in modo da non distruggere la fede del mondo in questa grazia a buon prezzo. Il cristiano sia, nella sua vita secolare, in questo sacrificio inevitabile che deve compiere per il mondo - anzi, per la grazia! - tranquillo e sicuro nel possesso di questa grazia che fa tutto da sé. Il cristiano, dunque, non segua Cristo, ma si consoli della grazia! Questa grazia a buon prezzo, che è giustificazione del peccato, e non giustificazione del peccatore penitente che si libera dal suo peccato e torna indietro; non perdono del peccato che separa dal peccato. Grazia a buon prezzo è quella grazia che noi concediamo a noi stessi.
Grazia a buon prezzo è annunzio del perdono senza pentimento, è battesimo senza disciplina di comunità, è Santa Cena senza confessione dei peccati, è assoluzione senza confessione personale. Grazia a buon prezzo è grazia senza che si segua Cristo, grazia senza croce, grazia senza il Cristo vivente, incarnato.
Grazia a caro prezzo è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l'uomo va e vende tutto ciò che ha, con gioia; la perla preziosa, per il cui acquisto il commerciante dà tutti i suoi beni; la Signoria di Cristo, per la quale l'uomo si cava l'occhio che lo scandalizza, la chiamata di Gesù Cristo che spinge il discepolo a lasciare le sue reti e a seguirlo.
Grazia a caro prezzo è "l'Evangelo che si deve sempre di nuovo cercare, il dono che si deve sempre di nuovo chiedere, la porta alla quale si deve sempre di nuovo picchiare.
È a caro prezzo perché ci chiama a seguire, è grazia, perché chiama a seguire Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché l'uomo l'acquista al prezzo della propria vita, è grazia, perché proprio in questo modo gli dona la vita; è cara, perché condanna il peccato, è grazia, perché giustifica il peccatore. La grazia è a caro prezzo soprattutto perché è costata molto a Dio; a Dio è costata la vita del suo Figliolo - «siete stati comperati a caro prezzo» - e perché per noi non può valere poco ciò che a Dio è costato caro. È soprattutto grazia, perché Dio non ha ritenuto troppo caro il suo Figlio per riscattare la nostra vita, ma lo ha dato per noi. Grazia cara è l'incarnazione di Dio.
Grazia a caro prezzo è la grazia ritenuta cosa sacra a Dio, che deve essere protetta di fronte al mondo, che non deve essere gettata ai cani; è grazia perché Parola vivente, Parola di Dio, che lui stesso pronuncia come gli piace. Essa ci viene incontro come misericordioso invito a seguire Gesù, raggiunge lo spirito umiliato ed il cuore contrito come parola di perdono. La grazia è a caro prezzo perché aggioga l'uomo costringendolo a seguire Gesù Cristo, ma è grazia il fatto che Gesù ci dice: 


                                                                  «Il mio giogo è soave e il mio peso leggero».
Sequela
Dietrich Bonhoeffer

mercoledì 2 novembre 2011

Di quale coscienza ci si può fidare?

“L’uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza”
questo è un documento del Concilio Vaticano II [1]

La domanda è: di quale coscienza ci si può fidare? Di una “conoscenza” teorica imparata dai libri, dall’esperienza del vissuto personale, o in base a quel che suddetto come una regola scritta a priori nel cuore dell'uomo?  Sicuramente no! E' necessario avere: una coscienza resa sensibile dalla presenza di Dio attraverso una vera “metanoia” vale a dire una mente rinnovata dallo Spirito Santo! L’uomo non ubbidisce agli imperativi della legge divina perché li riconosce validi, l’Apostolo Paolo nello scrivere ai Corinzi dice: Ma la conoscenza non è in tutti; anzi alcuni, avendo finora consapevolezza dell'idolo, mangiano come di una cosa sacrificata all'idolo; e la loro coscienza, essendo debole, ne è contaminata.

L’insegnamento era: non mangiare le cose sacrificate agli idoli, ma come allora anche nella nostra era, la coscienza di molti ha le “cotiche” negli occhi.

La morale cristiana è ormai quella del permissivismo e l’etica quella della situazione e della convenienza. L’Apostolo Paolo si preoccupa della sua coscienza: <Per questo io mi sforzo di avere continuamente una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini>. Atti 24,16

Se l’uomo non deve essere costretto ad agire contro la sua coscienza, è necessario che questa sia arresa a Dio, per essere irreprensibile e di conseguenza affidabile, al contrario non potrà mai raggiungere il suo fine: Dio.

Gli imperativi della legge divina, non sono scritti a priori nella coscienza dell’uomo, essi si apprendono e maturano in un cuore che sceglie con piena convinzione di “cambiare” o per usare un termine biblico di “convertirsi” solo allora volontariamente la coscienza comprenderà la nuova legge: quella dell’amore!   

L'amore è paziente, è benigno; l'amore non invidia, non si mette in mostra, non si gonfia, non si comporta in modo indecoroso, non cerca le cose proprie, non si irrita, non sospetta il male; non si rallegra dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità, tollera ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L'amore non viene mai meno. 1 Cor. 13, 4-8

 

  


[1] Dichiarazione Dignitatis Humanae
Approvata il 7 dicembre 1965