lunedì 27 febbraio 2012

La "Santificazione"


"Or l’Iddio della pace vi santifichi Egli stesso completamente; e l’intero essere vostro lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del nostro Signore Gesù Cristo."1° Tessalonicesi 5:23
TEMA:"la santificazione" è l’argomento che viene proposto da questo verso della scrittura.
La santificazione è una cosa importante. Non possiamo e non dobbiamo trascurarla. Un verso fra tutti, ci dà la dimensione di questa esperienza, "Procacciate pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore.

Se noi desideriamo vedere il Signore, vederlo lungo il corso del nostro pellegrinaggio; se desideriamo vedere il Signore, in quel giorno e per tutta l’eternità dobbiamo, lungo il cammino cristiano, procacciare la santificazione. Ma per procacciare la santificazione prima di tutto dobbiamo avere un concetto chiaro intorno a quelle risorse spirituali cristiane che sono necessarie per ottenere la santificazione.
Non dobbiamo pensare che basta possedere una cultura evangelica, o religiosa, per avere la santificazione. La cultura in questi giorni si manifesta ad un livello sempre più elevato, nel seno della società ed anche in mezzo alla chiesa, ma la cultura quando è soltanto cultura non ci aiuta affatto a procacciare la santificazione.
C’è una parola nella scrittura che dovrebbe farci riflettere profondamente a questo riguardo ed è questa: "La conoscenza gonfia ma la carità edifica. Conoscenza! Cognizioni! Capacità polemiche! Cultura in generale! Quante volte abbiamo constatato che esistono denominazioni morte, ma che culturalmente stanno molto più avanti di noi; e quante volte abbiamo incontrato dei sedicenti credenti privi di ogni esperienza spirituale, ma forniti di una grande cultura teologica.
La cultura non basta, la cultura non è da sé stessa una forza per farci procacciare la santificazione: come non è una forza quella della nostra decisione, della nostra determinazione umana.
Abbiamo un’esperienza prolungata a questo riguardo perché tutti, tutti indistintamente, prima di conoscere la grazia del Signore, abbiamo avvertito in qualche periodo della nostra vita il desiderio di correggerci e di essere migliori. Abbiamo fatto propositi, in certe circostanze abbiamo promesso, ma i propositi sono crollati e le promesse sono state tradite, perché?
Perché ci siamo ritrovati proprio in quella condizione che l’apostolo Paolo descrive tanto vivacemente nel capitolo 7 dell’ epistola ai Romani.
…Volevamo!…Volevamo!…Volevamo!
…Ma non potevamo!…Non potevamo!…E non potevamo!
…E non possiamo neanche oggi!
Con le nostre capacità umane, con la nostra decisione naturale noi non possiamo progredire, nelle vie dello spirito!
Non possiamo percorrere il sentiero della santità, e non possiamo neanche percorrerlo sotto la spinta delle leggi, dei regolamenti. A volte si dice: è indispensabile intensificare la disciplina, in realtà, nel seno di una comunità è necessario applicare una disciplina - ma ricordiamoci sempre, che non sarà il regolamento della chiesa, la morale, l'etica, non saranno le norme della comunità; non neanche le leggi sancite a carattere organizzativo, a carattere nazionale, a santificare il credente o la chiesa.
Infatti l’apostolo Paolo scrivendo ai Tessalonicesi dice "L’Iddio della pace vi santifichi"; perché soltanto l’Iddio della pace può santificare, Egli ha i mezzi, gli strumenti necessari per la nostra santificazione. Ha la Sua parola, che non è cultura intellettuale, ma è potenza spirituale "Le mie parole sono Spirito e verità" diceva il Signore Gesù e quelle parole continuano ad essere Spirito e vita e continuano a possedere una potenza dinamica capace di santificare la nostra vita.
Gesù nella preghiera detta "sacerdotale"chiese al Padre:"Padre santificali nella Tua verità, la Tua parola è verità" e quindi avrebbe potuto dire direttamente: Padre santificali nella tua parola! Quella parola che è come una spada a due tagli, che raggiunge la divisione dell’anima e dello Spirito, che penetra fino al midollo delle ossa, che è giudice dei pensieri e delle intenzioni del cuore!
Quella parola che è capace di spogliare e di rivestire!…. Di ferire e di guarire! D’illuminare e di condurre!… E’ la Parola di Dio! Quando la parola giunge nel profondo del cuore e viene ascoltata, ricevuta e praticata, non come parola d’uomo- ma come Parola di Dio - opera efficacemente in noi.
Paolo nell’epistola ai Romani capitolo 1 verso 16 afferma "Io non mi vergogno dell’Evangelo di Gesù Cristo, perché esso è la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" e quante volte abbiamo sottolineato il fatto che, nel testo greco quel termine tradotto potenza è "dunamis": la dinamite di Dio, il dinamismo di Dio, la dinamo di Dio! Possiamo fare le più diverse applicazioni ma per giungere sempre alla medesima conclusione.
Nell’Evangelo, nella Parola di Dio c’è la potenza! Una potenza santificante!…Una potenza trasformatrice!…Una potenza capace di modellare il nostro carattere, alla conformità del carattere di Cristo!
E’ vero, noi diciamo che Iddio santifica mediante l’opera della grazia; ma è proprio nell’opera della grazia, che noi riceviamo quella Parola che è Spirito e Vita. E’ proprio nell’opera della grazia, che noi realizziamo la virtù benedetta dello Spirito Santo in noi!
Lo Spirito Santo in quanto Santo, è santificante! Dobbiamo correggere certe idee che abbiamo intorno a questo soggetto spirituale. Certe idee che ci fanno concludere che lo Spirito Santo è solo euforia, è solo gioia, è solo esuberanza, è solo lingue, è solo interpretazioni.
Nell’epistola ai Galati al capitolo 5, verso 22 l’apostolo Paolo ci parla del frutto dello Spirito. Dallo Spirito viene l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la gentilezza, la bontà, la fede, la mansuetudine, l’autocontrollo!……La santità!!!
Quindi lo Spirito Santo compie un’opera di santificazione, di profonda santificazione nella nostra vita!
 Lo Spirito Santo quando satura il nostro essere, trabocca dalla nostra vita, è potente in noi; ci dà la gioia, l’allegrezza, ma compie essenzialmente un’opera di trasformazione e santificazione.
Iddio ha gli strumenti adatti per santificare, ecco perché dobbiamo abbandonarci fra le sue braccia, umiliarci sotto la Sua potente mano.
Si!…"l’Iddio della pace vi santifichi Egli stesso completamente", e noi dobbiamo farci santificare da Lui, perché solo Lui lo può fare, e  completamente!
 Il Signore vuole le opere compiute, non può accettare le opere a metà. Come non può accettare le offerte a metà e la consacrazione a metà.
"Io non ho trovato le opere tue compiute nel cospetto dell’Iddio mio", così troviamo scritto nell’Apocalisse.
E’ una parola severa, che ci chiama alla realtà della vita spirituale e ci responsabilizza nel cospetto di Colui che ci ha chiamati alla Sua grazia. Non per vivere superficialmente, per scendere al compromesso o per zoppicare da ambedue i lati, come diceva il profeta Elia; ma per camminare integralmente, rettamente nella Sua volontà, nelle sue vie e solo il Signore ci può santificare completamente. Può rendere perfette le opere nostre e calda la nostra vita.
"tu non sei né freddo e né fervente, sei tiepido; e perché sei tiepido, io ti vomiterò fuori dalla mia bocca!"
Tiepido è colui che ha disperso il calore che aveva, che non ha mai raggiunto il calore che doveva raggiungere.
In un caso e nell’altro, qualcuno che si trova a metà e quelli che si trovano a metà sono lontani da Dio, perché Egli accoglie quelli che si trovano in cima, che si sono nella Sua volontà, in armonia con il Suo piano benedetto! Ecco perché Iddio, e Lui soltanto, deve santificarci perché Egli compie un’opera completa,…non a metà!
Colui che ha incominciato l’opera buona in noi è capace di portarla a compimento!…
Il Signore ci vuole intieramente santi! Dobbiamo essere santi nell’attitudine interiore, nelle nostre tendenze, nei pensieri della nostra mente; purificati dal Sangue di Gesù, ma anche dalla Parola di Dio, anche dalla potenza dello Spirito di Dio. I nostri sentimenti…resi luminosi dall’insegnamento che giunge a noi, per operare dentro di noi!…Le nostre parole! Il nostro linguaggio deve essere disciplinato dallo Spirito di Dio….Quante parole stolte!…Quante parole inutili!…Quante parole mondane!…Quante parole frivole!…Quante parole peccaminose!
"Siano le vostre parole poche- dice l’apostolo – e se ve ne è alcuna buona, ad edificazione affinché conferisca grazia agli ascoltanti… Si!…Se alcuno parla, parli come gli oracoli di Dio". E’ soltanto Iddio che può santificare in questo modo! E’ soltanto Dio che può mettere un freno alla nostra alla nostra lingua, alle nostre labbra! Cari nel Signore!
Nessun uomo lo può! L’apostolo Giacomo lo afferma solennemente, nessun uomo può! "L’uomo che riesce a tenere a freno la sua lingua dove si trova? Egli allora è capace di tenere a freno tutto il suo corpo". Ma quello che l’uomo non può con le sue forze, con le sue capacità, con la sua cultura religiosa, Iddio lo può con la potenza della Sua grazia.

Santificazione è il cammino da una santità relativa ad una santità assoluta
 Egli ci chiama ad essere simili a Gesù Cristo, il Suo Figliolo!
Noi siamo partiti dall’opera della grazia e dobbiamo arrivare a questo traguardo. In mezzo c’è un cammino, percorrere questo cammino significa santificarsi. Questa è "santificazione"! Alleluia! Gloria al nome del Signore!
Quindi rappresenta lo spogliamento di noi stessi ed il rivestimento delle virtù di Cristo. L’eliminazione di tutto ciò che è male o la separazione da tutto ciò che è peccato, per l’acquisizione di tutto ciò che è bene alla gloria di Dio, per piacere a Dio!
E’ uno spogliare continuamente, costantemente, le opre della carne del presente secolo, le opere che appartengono alla vanità del mondo, per rivestire con altrettanta fedeltà e costanza le caratteristiche del figlio di Dio, le virtù del cielo. Non c’è benedizione lontano dalla santificazione!  Tanti cercano i surrogati e le sostituzioni, i metodi psicologici, organizzativi, ma essi rappresentano dei palliativi.
Noi abbiamo bisogno della grazia di Dio, della potenza di Dio, e delle Sue benedizioni se vogliamo realizzare queste meravigliose realtà, dobbiamo vivere nella Sua volontà, cioè ci dobbiamo lasciare santificare da Lui e santificare interamente: anima, corpo e spirito per essere una persona intera nella Sua mano benedetta ora e per tutta l’eternità.














R.B.


sabato 4 febbraio 2012

LA COMUNITA' VISIBILE


La Chiesa di Gesù Cristo e la sua obbedienza
La comunità visibile
Il corpo di Cristo occupa dello spazio in terra. Con la sua incarnazione Cristo pretende dello spazio tra gli uomini. Venne «in casa sua». Ma alla sua nascita gli diedero una stalla, «perché non v'era posto nel loro albergo»: lo respinsero nella vita e nella morte, così che il suo corpo fu appeso tra cielo e terra, sulla forca. Ma l'incarnazione comprende il diritto ad uno spazio proprio in terra. Ciò che occupa dello spazio è visibile o non è corpo. Si vede l'uomo Gesù, lo si crede Figlio di Dio. Si vede il corpo di Gesù, lo si crede corpo di Dio divenuto uomo. Si vede che Gesù era incarnato, si crede che egli portò la nostra carne. «Devi indicare questo uomo e dire: è Dio» (Lutero). Una verità, una dottrina, una religione non ha bisogno di spazio per sé. È senza corpo. La si ascolta, impara, comprende: ecco tutto. Ma il Figlio di Dio incarnato ha bisogno non solo di orecchi e di cuori, ma di veri uomini che lo seguano.
Perciò egli invitò i discepoli a seguirlo fisicamente, e la sua comunione con loro era visibile a tutti. Era fondata e tenuta unita da Gesù Cristo stesso divenuto uomo. La Parola incarnata aveva chiamato, aveva creato la comunità fisica visibile. I chiamati non potevano più rimanere nascosti, erano la luce che deve risplendere, la città sul monte che si deve vedere. Sopra la loro comunità stava eretta visibilmente la croce e passione di Gesù Cristo. Per amore della comunione con lui i discepoli dovettero lasciare tutto, dovettero soffrire ed essere perseguitati, ma proprio mentre erano perseguitati era loro visibilmente restituito, nella comunione con lui, ciò che avevano perduto, fratelli e sorelle, campi e case. La comunità dei seguaci era manifesta davanti al mondo. Qui erano corpi che agivano, lavoravano, soffrivano in comunione con Gesù.
Anche il corpo del Signore glorificato è un corpo visibile sotto forma di comunità. Come diviene visibile questo corpo? In primo luogo nella predicazione della Parola. «Ed erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli» (At. 2,42). Ogni parola di questa frase è importante. Dottrina (didake) significa predicazione, qui in opposizione ad ogni specie di discorso religioso. Qui si tratta di comunicazione di fatti avvenuti. Il contenuto di ciò che deve essere detto è obiettivamente certo, basta che venga trasmesso con «l'insegnamento». Ma una comunicazione si limita essenzialmente a cose non note. Una volta che sono conosciute non ha senso continuare a comunicarle; perciò veramente il concetto di 'insegnamento' rende se stesso superfluo. In strano contrasto qui è detto che la prima comunità 'perseverava' nell'insegnamento; cioè che questo insegnamento non si rende superfluo, ma pretende, anzi, perseveranza. L' 'insegnamento' e la 'perseveranza' devono essere collegate da una necessità obiettiva. Essa è espressa nel fatto che si tratta qui di «insegnamento degli apostoli». Che significa «insegnamento degli apostoli?». Apostoli sono gli uomini scelti da Dio per testimoniare la realtà della rivelazione in Gesù Cristo. Hanno vissuto in comunione fisica con Gesù, hanno visto Gesù incarnato, crocifisso, risorto e hanno toccato il suo corpo con le proprie mani (1 Gv. 1,1). Essi sono i testimoni di cui si serve Dio, Spirito Santo, come strumento per annunziare la Parola. La predicazione degli apostoli è la testimonianza della realtà che Dio si è rivelato fisicamente in Gesù Cristo. Sul fondamento degli apostoli e profeti è edificata la Chiesa, la cui pietra angolare è Gesù Cristo (Ef. 2,20). Ogni ulteriore predicazione deve essere predicazione apostolica ed edificare su questo fondamento. Così viene stabilita l'unità tra noi e la prima comunità mediante la parola degli apostoli. Fino a che punto questo insegnamento apostolico rende necessaria la perseveranza nell'ascolto? La parola apostolica è, nella Parola di Cristo, realmente Parola di Dio (1 Ts. 2,13). È perciò Parola che vuole accettare uomini ed ha il potere di farlo. La Parola di Dio cerca una comunità per accettarla. È essenziale nella comunità. Entra spontaneamente nella comunità. Ha un movimento proprio verso la comunità. Non che da una parte ci sia una parola, una verità e dall'altra una comunità, e che il predicatore debba ora prendere questa parola, la debba usare, muovere per portarla nella comunità, applicarla ad essa. La Parola percorre da sé questa via, il predicatore non deve e non può fare nulla se non servire al movimento proprio della Parola, non opporle nulla. La Parola esce per accettare gli uomini; gli apostoli sapevano questo e questo era il contenuto della loro predicazione. Avevano pur visto la Parola di Dio stessa, com'era venuta, come si era incarnata ed aveva preso su di sé, in questa carne, tutta l'umanità. Ora non dovevano che testimoniare che questo, che la Parola di Dio è divenuta carne, che venne per accettare i peccatori, per perdonare e santificare. Questa è la Parola che entra nella comunità, la Parola incarnata, che porta già tutta l'umanità, che non può più essere senza l'umanità che ha accettata, che va dalla comunità. Ma con questa Parola viene lo Spirito santo stesso, che mostra al singolo ed alla comunità ciò che da tempo le è stato donato in Cristo. Egli opera negli uditori la fede, che nella Parola della predicazione Gesù Cristo stesso è venuto in mezzo a noi nella potenza del suo corpo, che viene per dirmi che mi ha già accettato e che mi vuole accettare anche oggi.
La parola della predicazione apostolica è la Parola che ha portato nel suo corpo i peccati di tutto il mondo, è il Cristo presente nello Spirito santo. Cristo nella sua comunità, ecco «l'insegnamento degli apostoli», la predicazione degli apostoli. Quest'insegnamento non si rende mai superfluo, ma si crea la comunità che resta ferma in essa, perché è accettata dalla Parola e ogni giorno riacquista questa certezza. Questo insegnamento si crea una comunità visibile. Alla visibilità del corpo di Cristo nella predicazione della Parola si aggiunge la visibilità nel battesimo e nella Santa Cena. Ambedue provengono dalla reale umanità del nostro Signore Gesù ~ Cristo. In ambedue egli ci viene incontro fisicamente e ci rende partecipi della comunione del suo corpo. Ma tutti e due questi atti vanno uniti all'annunzio. Nel battesimo e nella Santa Cena c'è l'annunzio della morte di Cristo per noi (Rom. 6,3 ss.; 1 Cor. 11,26). In ambedue ci viene donato il corpo di Cristo. Nel Battesimo ci viene dato di essere membri del suo corpo, nella Santa Cena ci viene donata la comunione fisica (koinonia) con il corpo del Signore che riceviamo, ed appunto in questa la comunione fisica con le membra di questo corpo. Così, mediante il dono del suo corpo, diveniamo un corpo con lui. Non comprendiamo completamente né il dono del Battesimo né quello della Santa Cena se li qualifichiamo perdono dei peccati. Ma il perdono dei peccati è incluso nel dono del corpo di Cristo nella sua comunità. Da ciò si comprende come in origine la somministrazione del battesimo e della Santa Cena - proprio al contrario di quanto accade oggi - non fosse legato al ministerio della predicazione apostolica, ma venisse compiuto anche dalla comunità stessa (1 Cor. 1,1 e 14ss.; 11,17ss.). Battesimo e Santa Cena appartengono solo alla comunità del corpo di Cristo. La Parola è rivolta a chi crede e a chi non crede. 
È ora chiaro che la comunità di Gesù Cristo nel mondo richiede uno spazio per la predicazione. 
Il corpo di Cristo è visibile nella comunità raccolta attorno alla Parola.
Questa comunità è un tutto articolato. Così la comunità interviene nella vita del mondo e conquista spazio per Cristo, perché ciò che è «in Cristo» non è più sotto il dominio del mondo, del peccato e della legge. In questa comunità rinnovata nessuna legge del mondo ha più da dire qualcosa. Il regno dell'amore cristiano tra fratelli è sottoposto a Cristo, non al mondo. La comunità non può ormai permettere oltre che al servizio dell'amore reso al fratello, al servizio della misericordia siano imposti dei limiti. Infatti dov'è il fratello lì è il corpo di Cristo stesso, lì è sempre anche la sua comunità, lì devo esserci anch'io.
Da Sequela.