TORNATE ALLA FORTEZZA, O VOI
PRIGIONIERI
DELLA SPERANZA,
OGGI STESSO DICHIARO CHE TI
OGGI STESSO DICHIARO CHE TI
RENDERO' IL
DOPPIO.
(istruiti nel cuore dalla sapienza)
(istruiti nel cuore dalla sapienza)
Testo Zacc. 9,12.
Dopo un lungo periodo di 70 anni di
prigionia per il popolo d’Israele, Dio fa udire la
Sua voce di
speranza attraverso i profeti. Dapprima attraverso Aggeo l’incoraggia a
ricostruire le mura e il tempio di Gerusalemme, poi sotto la guida di
Zorababele li guida verso la libertà, ma non tutti hanno nutrito nel cuore la
speranza di rivedere la propria terra, il tempio di Gerusalemme, e le proprie
città. Le parole del profeta Zaccaria sono imperative: tornate alla fortezza o voi prigionieri della speranza. Altri traducono istruiti nel cuore dalla Sapienza.
COS’E’ LA
SPERANZA ? L’A. T. ce la presenta come attendere con
impazienza; il verbo stativo che esprimeva uno stato d’animo era bhatah: piena fiducia in Dio oppure hàsà: nascondersi in Dio, sotto le Sue ali, colui
che spera, si rifugia in Dio, si sottomette alla Sua volontà, ed è consapevole
che spesso è messo alla prova. Nel N.T. la speranza è rivolta sempre ad un
bene, per questo fatichiamo e lottiamo (dice l’apostolo Paolo a Timoteo) perché abbiamo posto la nostra
speranza nell’Iddio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini (1) Tim
4,10). La speranza nel N.T. fa parte delle tre virtù teologiche
insieme alla fede e all’amore. Paolo sviluppa la teologia della speranza:
il suo oggetto è la gloria di Dio e di Cristo, gioire nella speranza di
diventare partecipi della gloria di Dio.
Abramo sperò contro speranza e diventò
padre di molte nazioni.
QUAL’E’
L’atteggiamento dell’anima che spera? S’appoggia sulla fede, perché nasce da
essa, manifesta amore perché crede nel bene, ma è sostenuta e aiutata da altre
virtù, quali: la pazienza nel sopportare con costanza, la pietà, l’auto
controllo e la perseveranza, creando così una comunione con le sofferenze di
Cristo. (fil.3,10) Alcuni non desiderano sentire il termine sofferenza, amano
sentire soltanto quello della vittoria. Il termine vittoria presuppone una
battaglia, non c’è vittoria senza battaglia! La battaglia è contro noi stessi a
volte, contro il nostro "io" che non desidera essere elevato all'etica
di Cristo e abbassato nell'orgoglio. Esso segue una morale facile, ma alla fine
non raggiunge il traguardo della fede!
Quante prove
avevano sopportato questi prigionieri: percosse, mali temporali, afflizioni,
eppure continuavano a sperare nel Signore e liberatore d’Israele, considerando
la prova una purificazione dell’anima. Il popolo d’Israele conosceva bene
il termine fortezza, tra loro era usuale parlare con simboli, e
allegorie. “l’Eterno è la mia rocca e la mia fortezza, il mio
liberatore il mio Dio, la mia rupe in cui mi rifugio, il mio scudo, il corno
della mia salvezza il mio alto rifugio. Salmo 18, 2)
Le fortezze erano rappresentate da mura
alte 6mx4 di larghezza elevate attorno alla città attorniata da sentinelle
armate e valorosi soldati. La chiesa oggi combatte contro il diavolo che vuole
abbatterla, poiché il combattimento nostro
non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potestà, contro
i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della
malvagità, che sono ne' luoghi celesti. Efesini 6,12
Io sono un muro di fuoco attorno a te dice
il Signore! Perchè hai posto in me la tua speranza, Io ti custodirò, ti
preserverò e avrò gli occhi su di te. HASA’: TORNA ALLA FORTEZZA,
RIVESTITI DELLE ARMI SPIRITUALI! VEGLIA
SEMPRE COME UNA VERA SENTINELLA, SCENDI SUL CAMPO DI BATTAGLIA E RIPRENDITI
CIO’ CH’E’ TUO.
Nessun commento:
Posta un commento